Le sanzioni USA contro l’IRAN – Aggrediti e aggressori

Qualche tempo fa, gli USA hanno ripreso ed esteso unilateralmente le sanzioni contro l’Iran accusandolo di non adempiere agli impegni assunti con l’Accordo del 2015 sul nucleare militare e civile.; senza attendere il giudizio dell’organismo incaricato di monitorare l’accordo.

Senza presentare particolari prove di quanto asserivano gli USA hanno unilateralmente bloccato l’intesa e riaperto un confronto molto duro e  minaccioso, giungendo a ventilare interventi di tipo militare, giunti negli ultimi giorni all’invio nella zona di navi da guerra ed aerei da bombardamento (più tardi, l’organismo internazionale di sorveglianza dichiarò l’Iran completamente adempiente). E’ utile ricordare che da luglio 2015, quando venne firmato l’Accordo tra USA, Iran, UE e alcuni Stati europei, i fondi appartenenti all’Iran e giacenti dal 1979 in banche americane ed inglesi sono ancora bloccati. Qualche reazione europea, contraria  e preoccupata per gli sviluppi in un’area di grande tensione, ma il ricatto esplicito (le sanzioni riguardano l’Iran e qualsiasi Paese intenda commerciare con esso, soprattutto per gas e petrolio) nella sostanza sta passando.
L’Iran cerca strade commerciali alternative, che fanno leva su India e Cina, Paesi sufficientemente grandi (anche di spirito! Perché per dimensioni anche la UE sarebbe grande) per  reagire in autonomia ma subisce danni economici ingenti – cioè difficoltà per la vita della popolazione, a chiamare le cose con il loro nome, seri problemi politici – perché l’irrigidimento USA favorisce le posizioni oltranziste e non certo quelle progressiste del regime – e minacce dirette alla autonomia nazionale – con il corollario dell’orgoglio di una grande nazione – ed alla sicurezza – dato che si stringe l’assedio da parte di Arabia Saudita ed altri Paesi del Golfo e non solo, con Israele sullo sfondo.
Incredibilmente, in questi giorni Iran viene accusato di voler uscire unilateralmente dall’Accordo. Così, in un attimo ed in un giro di notizie stampa, l’aggredito diventa aggressore!
Nello stesso tempo, Trump aumenta a dismisura i dazi verso la Cina. La competizione commerciale non è un pranzo di gala (non meravigli la citazione: il commercio ha sostituito la rivoluzione da un pezzo!) e la Cina ha molto da rimproverarsi ma non c’è dubbio che l’unilateralismo non paga, come dimostra la vicenda degli accordi Italia-Cina, giusti nell’obiettivo ma sballati nella modalità “autonomista” e mediocri nella sostanza economica. Su questo punto limitiamoci ad aggiungere che il coro tedesco, francese, americano e di Juncker era stonato e peloso, perché coprendosi dietro all’unità europea infranta dall’Italia (vero) volevano solo sottoscrivere contratti dieci volte più grandi. Cosa vogliono gli USA dalla Cina? Certo riequilibrare la propria bilancia degli scambi, proteggere tecnologie e produzioni nazionali. Poi però si legge che vogliono che la Cina cessi di sostenere le proprie grandi imprese e modifichi il proprio modello di sviluppo economico e istituzionale, al fondo con effetti pesanti anche su quello sociale. I giornali del 12 magio lo dicono apertamente nelle loro corrispondenze da Washington.
Domanda: se un Paese chiede ad un altro di cambiare i propri assetti come condizione per rinunciare a misure punitive, in che cosa questo differisce da una pre-dichiarazione di guerra? Non ci inganni l’assenza di rivendicazioni territoriali, di schieramento di truppe e di mezzi militari. Questo si faceva nel secolo scorso, quando non eravamo civili e sviluppati, quando non trionfava il virtuale e invece dei social ci si confrontava muso contro muso. Che barbari! Adesso, tutti puliti ed eleganti dietro la tastiera, con pochi click si pretende che un  Paese stravolga sé stesso, magari dicendo che sta minacciando i valori universali e quindi deve cambiare strada.
Benvenuti nel nuovo mondo dei valori dell’Occidente.