Salvini, croce, rosario e pellegrinaggio. Negli Usa.

E così anche i grandi innovatori (si fa per dire) cercano la benedizione a Washington. Nulla di nuovo, è così dal 1945, lo hanno fatto tutti, dalla Dc al Psi, dal Pds a Berlusconi.

La differenza sta nel fatto che almeno prima gli Usa erano il punto di riferimento di un sistema mondiale che viveva della contrapposizione con altri due sistemi  (già, c’era il campo socialista e c‘erano i non allineati). Adesso invece non c’è un sistema  mondiale, non c’è il punto di riferimento e a ciascuno tocca scoprire – se ci riesce – strade nuove.
La strada di Salvini è stata facile: è andato, ha pronunciato dei solenni sissignore su tutto (una piccola riserva solo sulla Russia ma è solo questione di tempo, credo) ed è tornato in Italia, dove è certo più facile fare il bullo. Perché è andata così?
Nell’epoca attuale non ci sono più legami profondi ed ideali, nemmeno quelli ideologici: la contrapposizione tra “mondo libero”  e “totalitarismo sovietico” è finita con la scomparsa del secondo che ha svuotato il primo; il primato del libero mercato si è sfatto dinanzi alla crisi finanziaria e sociale; nel mondo avanzano nuovi problemi (Africa, ambiente, Mediterraneo, Pacifico) e nuovi protagonisti (Cina e India, almeno) e né gli Usa né i loro alleati sanno come affrontare i primi e nemmeno se contrastare o come equilibrare i secondi- Così, rimane solo la nuda e cruda ideologia – o quanto si cerca di spacciare per essa – come cemento dei rapporti.
Che questa ideologia sia la faccia feroce e il privilegio dei ricchi (Salvini e Trump contro immigrati e stato sociale) oppure la stanca ripetizione, non per questo meno pericolosa, delle parole del passato per sostenere alleanze militari storicamente decotte non fa molta differenza.
La vera novità sta invece nel lavoro di Trump per costruire due punti di riferimento in Europa per le sue politiche. Boris Johnson in Gran Bretagna e Salvini in Italia possono essere le due sponde per insinuare nella dialettica europea, dentro e fuori dalla UE, una voce americana: se puoi avere dei proconsoli, è utile non fare in prima persona il lavoro sporco. Mentre però la Gran Bretagna è un (forse, ancora) grande Paese, finanziariamente potente e geostrategicamente importante, l’Italia è marginale in uno e inesistente nell’altro campo. Mentre i dazi di Trump non recano colpi agli inglesi, alle imprese e alla bilancia dei pagamenti italiane fanno molto male. Se Gran Bretagna ha comunque ancora intorno a sé un sistema di Paesi partner (politici e commerciali), l’Italia litiga con i migliori partner possibili e cerca (senza riuscirci) di allearsi con Paesi di gran lunga più piccoli e ugualmente isolazionisti.
Un sempre intelligente commentatore come Ezio Mauro rimpiange i bei tempi andati dell’Occidente come categoria sovrana delle relazioni internazionali (ed anche dei “valori” della politica italiana): la nostalgia è cattiva consigliera, perché l’Occidente  è esistito solo per contrapporsi all’Urss e – finita quella storia – è rimasto svuotato.
Se manca l’Oriente, manca anche l’Occidente : basterebbe questo per capire che occorrono bussole nuove per nuovi percorsi.
Di tutto ciò, la cosiddetta “opposizione” italiana non si è ancora accorta: se deve (se riesce!) essere unita, magari sarebbe utile sapere perché, per fare cosa, con quali idee su queste cose, che sono poi il  mondo tormentato in cui stiamo.