Sull’orlo di una crisi di nervi. Sdrammatizziamo, ma non troppo …

in attesa di capire meglio, Per quanto a lungo minacciata, annunciata, attesa, esorcizzata, l’uscita di Matteo Renzi dal PD amplifica la deflagrazione in atto del centrosinistra, iniziata con Articolo Uno di Speranza e Bersani.

Nel tempo, molti i proclami delle diverse parti interessate. Spesso generici, infarciti di retorica, appelli all’unità che valgono lo spazio di una giornata e poi … il richiamo alle armi, il nemico conosciuto è il vicino, quello che condivide il tuo spazio politico.
Nonostante il tempo a disposizione, non c’è stata una ricomposizione politica sufficiente per raggiungere un minimo comune denominatore.
Tantomeno gli smarriti elettori, simpatizzanti e iscritti sono stati aiutati a capire, a ri-orientare il proprio punto di vista. la propria adesione a questa o quella corrente o partito, perché le nostre storie sono la confluenza di esperienze diverse, male amalgamate, si fanno sentire, sono un richiamo antico.
Altro che dialogo e unità o separazioni consensuali, sono stati mesi di forti divergenze, corroborate da sgambetti, gomitate e dispetti anche tra vicini di corrente e di partito.
Da fine luglio e fino alla nascita del nuovo governo giallo-rosso gli eventi sono precipitati. Sono stati così veloci e controversi da mettere in crisi tante coscienze politiche. In ultimo, in quei pochi giorni, mettere insieme PD e M5Stelle nel governo è parso dall’esterno una operazione choc per molte persone, che si sono trovate all’improvviso a essere non più ostili dopo essersele suonate di santa ragione praticamente da sempre.
Solo la paura di Salvini capopolo di una destra aggressiva, demagogica e illiberale ha sedato gli animi come un valium collettivo che ha stordito anche i più riluttanti.
E così, spinti dalla necessità, il trasformismo è diventato un valore, la Casaleggio non è più la spectre autoritaria dei tempi moderni, i populisti di M5 Stelle sono quel popolo di sinistra di cui non ci eravamo molto resi conto, Grillo è stato annesso al Pantheon dei padri della Patria.
In attesa di capire dove ci porterà la strana nuova alleanza di governo, se potrà essere un successo come tutti ci auguriamo “per il bene del Paese”, se alla fine sarà il PD che si mangia il grillismo o viceversa, oppure se sarà una ecatombe generale di fronte alle folle di Pontida e alle piazze della Meloni, si consumano drammi politici collettivi e personali.
Da che parte stare? Se sei un elettore alla fine puoi decidere anche di non votare perché sei deluso o arrabbiato. Se sei un iscritto puoi decidere di non rinnovare la tessera. Nessuno, in fondo, si accorgerà di te. Ma se sei un dirigente allora hai delle responsabilità, sei sotto gli occhi di tutti, ti devi pronunciare e schierare. E può capitare di incorrere nel rischio di stare oggi con colui del quale hai parlato male ieri ma del quale eri amico solo l’altroieri.
Si rischia di passare per persone incoerenti? In fondo non c’è da preoccuparsi, si agisce sempre per il bene del partito, della “ditta”, certamente per la salvaguardia della democrazia.
Il trasformismo oggi è una virtù, saremo, sarete, saranno perdonati. E attendiamo con fiducia, perché da noi c’è una solida tradizione di politici buoni per tutte le stagioni.
In attesa di capire meglio, possiamo un poco anche ridere di noi stessi, no? È la politica, bellezza! O forse no.