Ordine negli armadi, rinnovare il guardaroba

I soggetti politici della sinistra – e del centrosinistra, siamo essere convintamente unitari anche quando si moltiplicano le scissioni – hanno la fortuna di non avere scheletri negli armadi, almeno per quanto se ne sa. Hanno però il problema di armadi pieni di vestiti fuori moda,

modelli vecchi prima ancora di essere cuciti e acquistati, in certi casi così sbagliati da fare male se indossati.

E’ indispensabile fare pulizia e ordine: l’Italia è piena di cose polverose, che non hanno funzionato e che non possono più essere riproposte. Ci sono esempi in grande quantità ma almeno tre questioni sembrano essere determinanti anche per tutte le altre.

La prima è quella delle tasse e ciò per cui sono indispensabili. Da luglio, prima della crisi del Conte 1, sembra che il più grande problema sia l’IVA e il suo aumento. Perché esiste il problema (nasce dal duo Berlusconi-Tremonti per compensare l’abolizione dell’IMU), perché è cresciuto (Monti, Letta, Renzi e Gentiloni hanno confermato e rilanciato questa “manovra”) e perché non si può differenziare tra generi di necessità e generi voluttuari? Non si dice e nemmeno si dice – anzi, no, lo dicono alcuni economisti un po’ di destra ma sinceri – che dal 2011 tutto si risolve ricorrendo all’aumento del deficit se autorizzato dalla UE, che dall’anno successivo diventa debito, che così’ continua ad aumentare.
Per fortuna, invece della sinistra c’è Cipolletta: qualcuno lo ricorderà, economista alla testa di Confindustria in fasi di duro contrasto con il sindacato. Oggi, solo perché conosce i problemi e non deve ingannare nessuno, sul Sole24ore dice che ciò che conta è avere servizi pubblici che funzionino e che le tasse a questo devono servire e avere invertito i termini del problema non ha risolto la questione delle tasse e in compenso ha abbassato il livello di efficacia dei servizi. Così – le parole sono mie e non sue – si arretra sul piano della civiltà.

La seconda questione riguarda ancora i servizi pubblici ma da un altro punto di vista. Da anni ha fatto passi da gigante la politica dei sussidi: che si chiamino bonus, una tantum, contributi o in altro modo, sono sempre la stessa cosa che per decenni abbiamo criticato definendola “politica (democristiana) delle mance”. Possono essere 10 euro o 1000, non cambia l’idea di fondo: io ti dò dei quattrini freschi e tu te ne ricorderai al momento giusto (dice niente il 41% dopo gli 80 euro?). Poi è arrivata un’altra idea più raffinata e quindi più pericolosa, figlia della sbornia liberista da cui non si esce: ti dò dei soldi e tu potrai acquistare sul mercato i servizi che ti servono. A parte gli aspetti di sistema di questa logica privatista e mercatista, per cui c’è un prezzo per ogni cosa ma si cancella il valore delle cose (vecchia citazione sempre valida), forse che esiste un mercato efficiente per servizi collettivi di qualità? Dice nulla la privatizzazione della sanità e dei trasporti (o delle autostrade)? Non bonus per i bebè (già suona raccapricciante!) ma nidi gratuiti e asili come parte del sistema educativo e non parcheggio per piccolini non sarebbero meglio? Con tutti gli effetti positivi sulla occupazione anche femminile e su una ben fondata e non passatista (o peggio) politica demografica.

La terza questione è la rappresentanza. Adesso anche Passigli, alfiere del maggioritario nei bei tempi andati (si fa per dire) del PD, si convince e scrive sul Corriere della Sera che c’è un problema di ricostruire rappresentanza in un mondo politico percorso da profonde linee di divisione (ma quando mai non è stato così, se non nei sogni adolescenziali della “bella politica” di veltroniana memoria?). In un mondo diviso – e per ottime ragioni, due delle quali sono elencati sopra – una rappresentanza coerente con la società e i suoi assetti e i suoi riferimenti valoriali e ideali, oltre che materiali, è base della convivenza democratica e civile. Se non è così, prima o poi cessa la sbornia da maggioritario e si scopre – di solito a caro prezzo – che il consenso non si distorce impunemente. Chiedere a Macron per sapere se si governa con una maggioranza il cui nerbo è un pallido 20% in condominio con altre tre forze sostanzialmente equivalenti.

Ordine, quindi: nelle idee, nelle priorità, nella consapevolezza da riconquistare che la politica è fatta da valori cui far corrispondere strumenti concreti. Se non è così, si resta nella logica delle tifoserie, eccitate da finti confronti televisivi tra leader più pieni di sé che di progetti per il futuro.