Sugli esami di maturità

Il completamento del corso degli studi è uno dei problemi più seri posti da queste settimane di domicilio forzato, per numerose ragioni, e ogni soluzione sperimentata e praticata presenta controindicazioni che vanno equilibrate con attenzione, resistendo allo sport della critica a prescindere come al riflesso autoritario della decisione veloce e non revocabile.

Lezioni a casa via web. Benissimo, una sperimentazione più che opportuna e sotto molti profili in ritardo rispetto ai tempi della acquisizione dei supporti informatici come componente della vita quotidiana. Contenuti e modalità da inventare, uso integrato della tecnologia e non sostitutivo della lettura e della ricerca diretta, relazione tra studenti ed insegnanti da costruite progressivamente: ma insieme a questi aspetti vi sono quelli – già da molti richiamati – di non sommare ai divari già esistenti tra gli studenti (di reddito, di abitazione, di condizioni e situazioni familiari, di ambiente culturale ecc.) anche il divario digitale sotto forma di qualità dei supporti e dal punto di vista della accessibilità alla rete. Strumenti e strutture portanti non  sono una variabile indipendente, sono la condizione di partenza.

Tutti a casa e tutti da casa? La relazione tra le persone è insostituibile: la relazione via web può aggiungere aspetti originali e nuovi (resta da vedere quanto positivi ma non è questo il luogo) ma non sostituire quella diretta. Ci sono aspetti di socialità dati dallo svolgersi di momenti di vita collettiva che hanno un  valore in sé di crescita, di confronto, di maturazione reciproca, di misurazione, di assunzione di responsabilità e di abitudine ad essa non solo non sostituibili con il web ma che se assenti impoveriscono il processo di crescita degli individui. Aggiungo, en passant, che questi aspetti sono presenti anche a proposito del lavoro che dall’ufficio passa a casa, talvolta comodo, a forte risparmio energetico, a forte risparmio di tempo personale ma non certo smart in tutti i suoi aspetti e soprattutto effetti: ripeto che questo non è il luogo ma non si pensi di andare avanti ignorando queste dimensioni.

Completare l’anno scolastico. Francamente non sembrerebbe un enorme problema. Fino a febbraio non ci sono questioni: va dato per scontato che il programma fin lì è stato svolto con ordine e precisione. Scontato almeno dal punto di vista del legislatore: dal punto di vista sostanziale, ogni insegnante sa cosa e come è stato fatto. Utilizzando proprio il web (ri)scoperto in queste settimane, si possono definire programmi integrativi a completamento e rifinitura della preparazione, sfruttare una eventuale possibilità di corsi integrativi in luglio se le condizioni sanitarie lo renderanno possibile, in ogni caso, un robusto ripasso all’avvio del nuovo anno scolastico permetterà di riallinearsi allo svolgimento ordinario dei vari corsi ed indirizzi.

Il problema più complesso è invece quello dell’esame di maturità. Attenzione, a me pare che la difficoltà nasca tutta dal carattere di valore legale che ha in Italia il titolo di studio. Se così non fosse, ci sarebbe minore preoccupazione: ma il tema è troppo grande e serio per essere affrontato “di traverso”, approfittando del virus, anche se …
Si potrebbe immaginare di limitare le prove di esame, cioè il loro contenuto, al programma svolto fino alla fine di febbraio, dedicando i mesi residui ad un lavoro prevedibilmente a casa e via web di raffinamento e intensificazione. In questo caso, l’ammissione è giusto sia automatica per tutti (senza inventare prove farlocche da casa), perché sarebbe insensato escludere qualcuno che non ha avuto la possibilità materiale di rimediare a inciampi precedenti. L’esame, ridotto esclusivamente nella ampiezza del programma, potrebbe essere svolto con tutto la concentrazione, la serietà e la intensità necessarie, salvo gli opportuni interventi del resto già previsti (nessun membro esterno, alcune prove ridotte o sospese). Accantonate le prove INVALSI, si potrebbe pensare ad una loro versione ridotta, concepita con il medesimo rigore ma orientata a fornire agli studenti una “guida” per il futuro. Tra le tante cose che si dice dopo il virus debbano cambiare – e per uscire dalla stucchevole retorica che circonda questa espressione – ci potrebbe anche essere fondare la scuola e soprattutto la sua parte terminale sopra un atto di fiducia negli studenti stessi: sono i primi (perfino gli unici, anche se nessuno glielo dice o li abitua a pensarlo) ad essere i beneficiari di uno studio fatto bene e ben finalizzato, soprattutto senza trucchi e senza sconti. Facciamo appello eleva su questo, in modo esplicito. Oltre tutto, si tratta di soggetti maggiorenni, dunque pienamente responsabili, anche se nulla è organizzato, gestito e pensato – a partire dalla famiglia per finire alla scuola – in questa prospettiva.

Come spesso nella vita concreta, aiuterebbe molto provare a guardare le cose da un altro unto di vista. Non finiscono certo i problemi ma almeno ce ne saranno di nuovi e più stimolanti rispetto all’abituale e ripetitivo coretto che accompagna ogni anno gli esami di maturità, che rischiano quest’anno di affogare nella solita palude di commenti e articoli di giornale sulla notte precedente o sulla dieta migliore per studiare, resa più spessa da lamenti (ben diversi dal terribilmente complesso effetto sociale) sull’allarme da virus.