I rischi dell’app Immuni: servono garanzie sulla tutela dei dati
Limitazioni agli spostamenti per i cittadini che non scaricheranno l’app “Immuni”, questa è una delle ipotesi al vaglio del Governo accreditata dal Corriere della Sera. La logica sottostante sarebbe quella di aumentare il numero di utenti e quindi l’efficacia complessiva del tracciamento operato dal l’app progettata da Bending Spoons e ceduta gratuitamente al Governo.
Le limitazioni alle libertà personali in una emergenza come quella che stiamo vivendo non mi spaventano più di tanto, ma con una specificazione: lo Stato ha la facoltà, anche in una democrazia, di intervenire con una – rigorosamente temporanea – sospensione di alcuni diritti fondamentali per perseguire l’interesse collettivo. Tuttavia, nel caso di questa ipotesi sugli spostamenti vincolati al download di un’applicazione informatica, siamo in ben altro contesto e i campanelli d’allarme dell’opinione pubblica devono suonare prima che si compia un clamoroso errore.
Le libertà costituzionali dei cittadini non possono essere vincolate all’utilizzo di un prodotto di una azienda privata. Sarebbe concettualmente gravissimo, e conto sul fatto che questa opzione venga tolta dal tavolo della discussione. Ci sono però degli aspetti ulteriori da considerare, ad oggi ancora non chiariti. Questa app, rispetto alle tante che già utilizziamo, avrebbe accesso ad una mole di dati personali dei cittadini (con l’approvazione dell’autorità governativa) senza precedenti: non solo quelli anagrafici e i contatti, ma anche le geolocalizzazioni e i fascicoli sanitari. È legittimo pretendere di avere garanzie sulla conservazione di questi dati: chi può avervi accesso? Dove e per quanto tempo rimarrebbero archiviati? Potranno essere ceduti a terzi? Ad oggi le risposte non ci sono ed è anzi emersa la possibilità di non archiviare i dati nei singoli telefoni dei cittadini ma in un unico grande server, ragione per cui le grandi compagnie come Apple sarebbero preoccupate e l’app potrebbe non funzionare sui loro dispostivi. La “decentralizzazione” dei dati è, ricordiamolo, un importante pilastro della GDPR europea a tutela degli utenti.
Penso, in attesa di chiarezza rispetto alla questione dei dati personali e all’annunciato intervento del COPASIR, che la “volontarietà” nell’utilizzo di questa app debba rimanere in ogni caso ineludibile. L’uso dell’applicazione dovrà esser volontario e libero: nessuna limitazione o discriminazione potrà essere determinata dal mancato utilizzo dell’app.
Un gruppo di docenti e ricercatori universitari hanno lanciato un appello in cui si chiede inoltre che “il software delle tecnologie da adottare debba essere disponibile pubblicamente, con il codice sorgente completo e con licenza di software libero, e quindi liberamente verificabile da parte di chiunque e rispettare i più alti standard di sicurezza informatica.” Mi sembra un’altra richiesta più che ragionevole.
La collaborazione dei cittadini per affrontare una grande pandemia, una situazione di estremo pericolo collettivo, è decisiva. Da parte dell’autorità pubblica, a sua volta, deve essere garantita la massima trasparenza nelle scelte, così che possano essere comprese e rispettate. Il “lockdown” ha funzionato perché la sua logica è stata condivisa. L’utilizzo di “Immuni”, ad oggi, lascia ancora troppe perplessità.