É arrivato il documento degli esperti.

Era necessario impegnare alcune autorevoli persone per avere così poco? A cosa serve la moltiplicazione di gruppi di consulenti e consiglieri ben oltre i limiti del buon senso e della utilità?

Habemus Papam! Questa mattina abbiamo potuto leggere sul Corriere della Sera il risultato del lavoro del gruppo di esperti guidati da Vittorio Colao, che Conte ha incaricato di fornire al governo una alta consulenza per riavviare il Paese. Sorpresa! Sorpresa! Quattro pagine (ma per fortuna c’è anche un power point) che “serviranno da base per le decisioni”: all’interno…tutto quello che da dieci giorni stiamo leggendo o sentendo nei vari programmi televisivi. Rientri scaglionati in base a scaglioni di rischio definiti dall’Inail, riorganizzazione degli orari per evitare le “punte”, la app per tracciare i positivi, test sierologici. Però, dice il Corriere, il documento non entra nel merito né per la app né per la scuola. E vabbè, ce ne faremo una ragione. Il mio è un riassunto molto sintetico ma che non dimentica nulla di essenziale: del resto, ho citato la fonte e chiunque può controllare.

Sorgono spontanee alcune domande: era necessario impegnare alcune autorevoli persone per avere così poco? Come mai figure come Giovannini, Mazzucato, Simontacchi, Regini, e naturalmente lo stesso Colao, che hanno tutti detto e scritto cose di ben altro spessore, interesse e – mi permetto – incisività nelle scorse settimane, hanno accettato un esito così deludente? Inevitabile pensare, proprio per la stima nei loro confronti, che siano stati posti limiti al loro lavoro: e da chi? Da Conte non sembra probabile e quindi?

Ci sono almeno due domande ancora più di fondo, però: a cosa serve la moltiplicazione di gruppi di consulenti e consiglieri (volutamente non uso il termine task force: ho iniziato una guerra privata all’uso stupido e provinciale della lingua inglese) ben oltre i limiti del buon senso e della utilità? Come mai questo gruppo aveva una composizione che – pur essendo pletorica – non vedeva la presenza di nessun esperto diretto di organizzazione della produzione (direttore di stabilimento, sindacalista…) e di servizi a rete e alla persona (sia pubblico che privato)?

Forse è sufficiente una risposta per le due domande: perché in questo caso – e in tutti i casi analoghi cui questo governo ci sta abituando – i consulenti servono essenzialmente a coprire le spalle alle decisioni politiche. Sembrava che l’emergenza portasse ad un rapporto coretto e positivo tra scienza, competenze e decisione politica – senza il quale rapporto non si va da nessuna parte, né ora né mai, e invece siamo nel solito pestare acqua nel  mortaio.

Possibile che nessun ministro riesca a fare di meglio, almeno nel suo campo? Possibile che nessun gruppo parlamentare riesca porre la questione in termini corretti di collaborazione e non di ennesimo insopportabile contrasto? Possibile che a nessuno venga in mente di valorizzare ciò che da tante parti viene pur prodotto e che si potrebbe valutare criticamente, estrarre il meglio da ciascuna proposta e poi decidere il da farsi? (basterebbe lavorare sulle rassegne stampa, dover compaiono articoli di tutti i migliori studiosi ed esperti delle varie materie; oppure esaminare qualche documento più corposo, anche proveniente da ambienti politicamente diversi dal governo ma non certo ostili). Qualsiasi governo ha bisogno di avvalersi di competenze, di ricerche, di pensiero scientifico e specialistico; trova queste risorse nelle università, nella Pubblica Amministrazione (se in queste non le trova, faccia le riforme necessarie!), nella società nel suo complesso. Poi deve assumere la responsabilità politica delle decisioni che spettano solo a lui, o meglio agli organi rappresentativi nel loro insieme e secondo le competenze scritte in Costituzione.