Smart working: opportunità e rischi

I benefici dello smart working mi sembrano evidenti, sono presenti, tuttavia, non pochi rischi, il principale dei quali è costituito dalla dilatazione del tempo di lavoro.

L’emergenza sanitaria ha costretto molte aziende ad adottare lo smart working per continuare la propria attività. Anni di sperimentazione da parte delle strutture di risorse umane sono precipitati in un’accelerazione forzata compiuta nell’arco di pochi giorni. Si tratta, probabilmente, di uno dei pochi aspetti positivi che il cosiddetto Covid 19 ci lascerà in modo permanente.

Spendiamo due parole, innanzitutto, per definire meglio lo smart working, o lavoro agile, e soprattutto le differenze rispetto al telelavoro presente in molte realtà aziendali già da oltre un decennio. Entrambi prevedono lo svolgimento di attività lavorativa da remoto attraverso strumenti informatici, ma, mentre il telelavoro prevede orari e luogo di lavoro predeterminati, lo smart working consente una maggiore flessibilità, sia nell’orario che nel luogo di lavoro, che può essere la casa, o un qualunque altro sito purché rispetti un minimo di criteri di sicurezza e riservatezza. Il primo è figlio di un’organizzazione del lavoro fondata su un controllo “visivo” della prestazione lavorativa, il secondo presuppone una modalità di lavoro per obiettivi. Lo smart working costituisce, certamente, uno straordinario strumento strategico di sostenibilità aziendale, in quanto consente di coniugare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro con una riduzione dei costi pubblici (trasporti) e aziendali oltre che un incremento della produttività individuale. E’ evidente, tuttavia, ed è emerso in modo chiaro durante questa fase di emergenza, che questo richiede un grande sforzo di elaborazione da parte delle aziende per ridisegnare i processi operativi di funzionamento, individuando in modo chiaro i contenuti e i risultati attesi da ciascuna attività. Ma richiede, soprattutto, un programma di investimenti tecnologici nella diffusione della banda larga per assicurare la copertura delle connessioni in tutto il paese, evitando l’acuirsi del noto fenomeno del digital divide.

I benefici mi sembrano evidenti, tuttavia, sono presenti non pochi rischi. Il principale è costituito dalla dilatazione del tempo di lavoro. In questa condizione il rischio è di non staccare mai, non essendoci una linea netta di demarcazione spazio-temporale fra il tempo di vita e quello del lavoro. È ciò che è successo a molti di noi in questo periodo! Un altro aspetto da non sottovalutare riguarda l’affievolirsi delle relazioni collettive fra lavoratori, sia nelle sue implicazioni sociali che in quelle legate alla prestazione lavorativa.

Per quest’insieme di ragioni ritengo che lo smart working possa esprimere il massimo delle sue potenzialità solo se utilizzato per un periodo di uno-due giorni settimanali, in questo modo vengono salvaguardati tutti gli aspetti positivi sin qui evidenziati con il mantenimento del senso di appartenenza e di squadra con i colleghi di lavoro.

Penso che nella fase 2 dell’emergenza sanitaria, lo smart working possa costituire uno straordinario strumento per assicurare un rientro graduale nei luoghi di lavoro consentendo il distanziamento sociale attraverso un piano di turnazione dei lavoratori.

Speriamo che il paese, nel suo insieme, almeno per quella parte di attività che può essere svolta a distanza, sappia approfittare di quest’opportunità.