Tutti al mare sì, ma in un modo nuovo

Il turismo è il settore forse più di tutti in crisi profonda, che non si risolve dando soldi a tutti quelli che li chiedono ma costruendo nuove strategie

Non c’è dubbio che il turismo sia, tra i settori più colpiti, probabilmente quello settore colpito per intero, lungo tutta la filiera, lungo tutta la penisola, e più di altri ha bisogno che si ristabiliscano  fiducia e sicurezza percepite, in Italia e all’estero. Altri settori possono avere punti di maggiore o minore intensità, tempi anche differenziati di ripresa: il turismo no, subisce un colpo immediato e continuo nel tempo e nello spazio. Se si teme per la salute, non c’è Cappella Sistina che tenga.

Le recenti dichiarazioni del ministro Franceschini alla Camera vanno certamente nella direzione di riconoscere pienamente lo stato di crisi, la rilevanza del contributo del turismo al PIL e insieme alla immagine complessiva dell’Italia, fattore altrettanto importante. Ammortizzatori sociali mai esistiti prima, sostegni economici in base al fatturato delle singole aziende, riduzioni o esoneri dal pagamento Cosap ed altri tributi locali: sono risorse reali. Inoltre, molti impianti godranno anche di interventi generali di sgravio fiscale per opere edili e simili. Non per ultimo, va sempre ricordato che l’offerta turistica è certamente fatta dal livello della accoglienza, dalle competenze professionali degli addetti e delle imprese ma i fattori decisivi continuano ad essere un patrimonio straordinario di bellezze naturali: tutte le politiche ambientali e di manutenzione del territorio, le politiche di accessibilità e trasporto dolce, la qualità dell’aria e dell’acqua convergono nel rendere preferibile la scelta di venire nel nostro Paese. Ogni euro speso per queste finalità avvantaggia il turismo più di altri settori economici, anche se spesso gli operatori del settore tendono a non valutarne la valenza di sostegno economico.

Non ha lo stesso valore la proposta di un “contributo per le vacanze”, anche sotto forma di facilitazione fiscale per il consumatore. Intanto, si sono decise misure straordinarie di sostegno ai redditi, in base alla considerazione delle difficoltà reali di alcuni milioni di persone dinanzi a riduzioni o scomparsa delle fonti di reddito: le vacanze hanno lo stesso grado di priorità?

L’idea che con misure sussidiarie si “torni alla vita di prima” è sbagliata in via di principio, perché dopo quanto sta succedendo il tema è la ricostruzione e questa implica cambiamento; è insostenibile in via di fatto, perché nessuno Stato al mondo può immaginare di integrare livelli di consumo ben al di sopra dei livelli di reddito e produttività effettivamente realizzati; è grave sotto il profilo psicologico – della psicologia di massa e di quella individuale – perché giustifica la percezione che il futuro non è frutto di lavoro e di impegno, anche di sacrificio, ma solo di intervento dello Stato.

L’unico senso che può avere il ritornello secondo cui “siamo in una guerra” è proprio che ci attende una ricostruzione per la quale ci vogliono tante cose, tra le quali anche una certa dose di sacrificio individuale e collettivo. Per carità, secondo criteri di equità, sostenibilità sociale e senso di appartenenza collettiva, ma questa è la verità che occorre dire e che chi governa dovrebbe iniziare  a trasmettere, insieme a robusti elementi del programma di ricostruzione, del suo senso di marcia, dei suoi obbiettivi.

Per politiche di sviluppo del turismo si possono immaginare cinque linee, per le quali ci possono poi essere anche differenziati interventi di sostegno ma nell’insieme orientate a sviluppare azioni positive, iniziativa degli operatori e anche innovazione strutturale per superare scogli e limiti già presenti prima della pandemia (nel turismo come in tutto l’apparato economico del Paese).

  1. Sicurezza sanitaria – è la precondizione, perché se non vi è questa nessuno uscirà da casa propria. A parte la produzione di farmaci e vaccini, che fanno parte di tutt’altro ragionamento, ciò che serve è la condivisione di regole e protocolli di comportamento che assicurino certezza nelle condizioni igienico-sanitarie assicurate agli ospiti, tempestività nella reazione del sistema sanitario ad ogni (nuova) insorgenza del contagio, consistenza e diffusione delle strutture operative, certezza di rientri rapidi nei luoghi di partenza, schemi di contratti e polizze di assicurazione coerenti con questi obbiettivi. (di sfuggita: nei rifugi alpini il primo obbiettivo è la sicurezza e talvolta la sopravvivenza, come in mare. Si ospita anche se c’è meno di un metro di distanza tra le persone).
  2. Contributi non solo in base al fatturato ma anche ai costi effettivi e documentati. Occorre tenere presente che veniamo da anni molto importanti dal punto di vista dei risultati economici, mai tanti turisti in Italia (e a Milano ancora più di altri luoghi): non si può credere che la gran parte delle imprese del settore non sono in grado in alcun modo di affrontare una stagione negativa. C’è un problema di sostenibilità anche per le imprese.
  3. Occorre tenere conto che la domanda attualmente non c’è e si verrà manifestando solo progressivamente, in base alle notizie sugli sviluppi della crisi sanitaria e quindi in tempi non prevedibili. L’offerta, dal canto suo, presenta aspetti strutturali per cui la piena funzionalità delle strutture richiede tempi di allestimento ed adeguamento, con i costi connessi. Questo porta alla necessità di mettere in moto da subito iniziative rivolte alle ampie clientele abituali – italiane  e straniere – lasciando ad una fase successiva il problema del mercato web e “individualizzato”. In particolare, occorre lavorare sul mercato nazionale, che già si rivelò determinante nel successo di Expo 2015, per Milano ma con effetti in tutto il Paese. Non si tratta di cambiare un asse fortemente orientato verso i mercati internazionali ma di considerare anche dal punto di vista delle politiche pubbliche – a partire dai portali, una volta tanto avvalendosi della loro cronica inadeguatezza per cambiarne in meglio le caratteristiche – che una robusta base nazionale è di per sé eccellente trampolino anche per la domanda estera. Al fattore decisivo e preliminare della normalizzazione dei dati epidemiologici va accompagnato un deciso orientamento di campagne per le vacanze in Italia rivolte agli italiani, anche lavorando sul traino della prevedibile tendenza per quest’anno e il successivo a “tornare a casa” (la famiglia, i luoghi di origine eccetera), non rilevante per gli alberghi, forse, ma certo per tutti gli altri impianti turistici e per il patrimonio artistico e culturale.
  4. Possono essere avviate adesso alcune azioni, tipiche degli operatori (potrebbero così riequilibrare bilanci in via di dissesto) per recuperare entrate o crearne di nuove, che guardano avanti e tendono a ristabilire un clima di fiducia e di prospettiva. Gli alberghi – anche d’intesa con altri operatori – potrebbero proporre prenotazioni e pagamenti a sconto, con limite entro cui prenotare e un lungo tempo di utilizzo: prezzo bloccato e favorevole, una quota incassata subito (e reagire alle difficoltà di liquidità), utilizzo in momenti più tranquilli e senza l’assillo del contagio, una buona base per quest’anno fino al 2021. Incrociando queste offerte con il calendario previsto per il 2021 di mostre ed altri avvenimenti culturali – spostando in avanti anche in questo caso la programmazione, ad esempio di teatri, conservatori, ecc. – d’intesa con Regioni e Comuni si materializzerebbero condizioni nuove e in linea, se proposte sui mercati internazionali, con le abitudini di un turismo abituato a programmazione lunga.
  5. Un altro campo di azione – ma anche in rapporto con il punto precedente – può essere aperto scaglionando lungo archi temporali più lunghi le stagioni turistiche. Si costruirebbero sinergie effettive e non a parole tra sistemi turistici diversi e a vario grado di coerenza e/o opportunità (in base a filoni tematici, per caratteristiche settoriali, per contiguità geografiche, ecc.), si potrebbe fare un passo avanti per destagionalizzare il turismo. E’ un obiettivo antico, difficile ma indispensabile non soltanto per ragioni economiche – stagione più lunga significa più presenze, più elevato utilizzo delle strutture, più ampio interessamento di zone e risorse turistiche meno conosciute – ma anche per ragioni molto legate alla psicologia derivante dalla crisi sanitaria, perché significa lavorare per rendere meno affollati i luoghi, riprendere il controllo degli spazi, affermare condizioni migliori di fruizione di luoghi, monumenti, eventi.

Non si può pensare di affrontare questa crisi solo pompando risorse nel sistema. Anche se arrivassero copiose e velocemente, rimarrebbero tutti i problemi di qualità, del modo di godere delle bellezze del nostro Paese, della assenza di una politica industriale e di effettiva promozione delle straordinarie destinazioni turistiche che l’Italia può offrire.

E le risorse strategiche per il turismo non sono solo quelle date direttamente agli operatori, se vale il ragionamento sul contesto Italia indicato in premessa. Né si può pensare di trasformare le nostre città in “eventifici”, modello che anche per Milano – posto che fosse ottimale – non appare pù riproponibile.

Occorre una strada nuova: sarebbe grave se si affrontasse la crisi solo con la logica dei sussidi, che produce la rincorsa di tutti ma scontentando sempre qualcuno, di dare spazio alle voci del “più uno”, di impegnare montagne di denaro che prima o poi finirà, prima di aver prodotto effetti.

Si può progettare una strada che permetta anche di ricucire gli strappi prodotti da uno sviluppo dissennato, il caso di Venezia su tutti: anche il turismo ha bisogno di nuovi indirizzi strategici e occorre vivere la crisi attuale come una possibilità. Bisogna saperla vedere e volerla percorrere.