Scuole chiuse e nuove disuguaglianze

Come e quando riaprire le scuole è una decisione molto difficile, mi piacerebbe, però, che le conseguenze delle scelte del paese fossero maggiormente condivise e discusse dall’opinione pubblica.

La scuola italiana è chiusa dal 22 febbraio e riprenderà, vedremo in quali modalità, a settembre. Un’enormità! Eppure non sembra un tema al centro del dibattito pubblico. Sia chiaro, penso anch’io che fosse inevitabile chiudere le scuole e mantenerle chiuse anche in questa fase due, soprattutto per l’impatto che questo produce sulla mobilità urbana. La cosa sorprendente è che questo avvenga senza una qualche riflessione pubblica sugli impatti sociali. Del resto, l’istruzione non è mai stata, tranne in rare circostanze, un tema su cui la classe politica, ma direi anche l’intero sistema paese, si sia particolarmente applicata, se non per qualche battaglia ideologica di circostanza.

Non è un caso, infatti, se la nostra spesa complessiva di fondi pubblici per l’istruzione sia fra le più basse d’Europa, peggio di noi fanno solo l’Ungheria e la Grecia. Un vero peccato, se pensiamo, invece, all’insostituibile ruolo della scuola nella promozione della conoscenza e della cultura, ma anche, e soprattutto, nella formazione di cittadini consapevoli della complessità che ci circonda.

La prolungata assenza degli studenti dai banchi di scuola produce un deficit di acquisizione di sapere, ma soprattutto una perdita di preziose interazioni sociali.

La sperimentazione obbligata della didattica da casa, che si è resa inevitabile di fronte all’emergenza sanitaria, non può da sola colmare queste lacune. Innanzitutto perché anche sul tema della digitalizzazione questo paese sta mostrando tutti i suoi limiti storici legati alla penuria di investimenti pubblici e di programmazione nella diffusione della banda larga sull’intero territorio nazionale; il livello di diffusione di Internet nelle famiglie italiane è, infatti, fra i più bassi d’Europa. 

In una situazione di questo tipo, il divario digitale (il cosiddetto digital divide) fra le famiglie che hanno il collegamento internet e un tablet e coloro che non lo posseggono rischia di sommarsi ad altre disuguaglianze di natura socio-economico e culturale.  Pensiamo che la fruizione didattica di un bambino che frequenta una scuola media del centro di Milano sia la stessa di un suo coetaneo nella periferia della stessa città o di una qualunque altra periferia disagiata del paese? Siamo sicuri che la dotazione digitale oltre che gli spazi abitativi siano gli stessi per tutti gli studenti? E’ evidente, quindi, l’importante ruolo svolto dalla scuola pubblica anche nella riduzione delle disuguaglianze sociali. Quanta consapevolezza c’è di questi temi nell’elaborazione del governo, ma anche nella polemica dell’opposizione? Mi sembra che ci sia più attenzione alla riapertura dei parrucchieri che a questa tematica. Mi rendo conto che come e quando riaprire le scuole sia una decisione molto difficile per tutti i paesi, non a caso le strategie adottate dai vari governi sono molto diverse fra loro, mi piacerebbe, però, che le conseguenze delle scelte del nostro paese fossero maggiormente condivise e discusse dall’opinione pubblica.