Europa: liste sì ma soprattutto per fare che cosa

Non c’è dubbio che, se si concretizzano con un voto umori e tendenze anticipate dai sondaggi, può iniziare ad attenuarsi il peso di una immagine dell’Italia che oscilla tra la truculenza di Salvini, la retorica anti europea, la incompetenza – questa sì a 5 stelle – su delicate e complesse questioni da governare, dalla Difesa alle Infrastrutture.

E, in un Paese che si appende alle speranze di redditi che piovono dall’alto, un sistema della informazione scandaloso arriva a produrre articoli sui comportamenti a cene ufficiali dell’ultima fidanzata di un vicepresidente del consiglio.

La lista del PD per le elezioni europee è lo strumento concretamente disponibile per (cercare di) interrompere la spirale grillo-leghista che sembra godere di consensi prevalenti tra gli elettori.

La campagna elettorale permetterà di misurare le proposte e i programmi. Non basterà certo l’idea di contrapporre europeisti ad antieuropeisti, che anzi fa temere sia un terreno che facilita il lavoro delle forze populiste. Per di più, l’idea di mettere insieme un intero mondo politico e culturale che va da Macron a Tsipras non è tanto la riproduzione in Europa di uno schema “di coalizione maggioritaria” che non esiste più in Italia e che non è mai esistita in Europa, quanto la scorciatoia di uno slogan che prescinde da obiettivi e programmi, appunto.

Tre sembrano essere le questioni di fondo, su cui sviluppare il confronto elettorale tenendo sempre presente la necessità di un processo politico di rinnovamento della sinistra italiana.

La prima questione è definire una politica economica che contrasti il ciclo recessivo in cui ci stiamo riavvitando. Da un lato, questo richiede un diverso orientamento dei più grandi Paesi della UE, Francia e soprattutto Germania, su cui l’Italia potrebbe incidere cambiando l’atteggiamento bullista tenuto finora; dall’altro, bisogna ridisegnare gli assi delle politiche nazionali, a partire da quella fiscale, che vanno criticate non perché costose o in deficit ma perché né sono adeguatamente anticicliche né sono socialmente sostenibili e tantomeno giuste.

La seconda questione è che la UE deve assumere un più netto e diretto carattere sociale: con fatica si può spiegare l‘effetto sociale positivo indiretto di tanti interventi ma non è facile identificare politiche sociali dirette e riconoscibili dal comune cittadino. La tassazione di megaprofitti insieme al superamento dei paradisi fiscali (una parte dei quali è in Gran Bretagna e un’altra parte nei Paesi con cui vuole allearsi Salvini), politiche europee sulla diminuzione dell’orario di lavoro e sui minimi salariali: sono solo alcuni dei temi noti da gran tempo ma sui quali vanno compiute le scelte necessarie.

La terza questione riguarda gli orientamenti in materia di strategie globali. La UE di oggi sembra l’Europa del 1848: il mondo sta cambiando ma i suoi governanti sono fermi alle idee e alle categorie della guerra fredda, come oltre un secolo prima erano fermi al Congresso di Vienna del 1815. Che si parli della  Cina o della Russia, la UE non ha ancora politiche coerenti e convincenti né personalità. Via della Seta: l’Italia è stata criticata duramente, al limite dell’attacco alla autonomia nazionale, solo per coprire ben più estesi e ricchi affari di Francia, Germania e UE (il governo italiano era ed è da criticare perché ancora una volta ha usato il bullismo invece di operare guardando anche alla UE e rinunciando così a svolgere un ruolo di guida possibile, anche per il minimalismo – ad essere buoni – dei contenuti). Russia: si parla di obiettivi egemonici russi da contrastare, per i quali non ci sono né le condizioni né gli strumenti, si mantiene un apparato di sanzioni che incidono solo su che le ha decise, per colpire la scelta militare russa in Ucraina che è inaccettabile ma non si può tacere che a Kiev ci fu un colpo di Stato di forze di destra estrema con ampie componenti apertamente fasciste. Torneremo su questi temi, senza remore nel discutere il ruolo della Nato che contrasta con l’apertura della stagione della Difesa e della Politica Estera europee (tanto più dopo il suo avventuroso allargamento). E poi, basti qui l’accenno, i temi cruciali dell’ambiente, del commercio mondiale, delle infrastrutture.

Vedremo nelle prossime settimane. Intanto Zingaretti ha iniziato a guardare oltre il confine (piuttosto ristretto di questi tempi) del suo partito, nella speranza che così si metta in moto un processo che trasformi tutti i soggetti oggi esistenti a sinistra. Certo, chi si ricorda la quantità e la qualità dei candidati della Sinistra Indipendente nelle liste del Pci trova minimale possa parlare di apertura ma la buona volontà va incoraggiata, per fare sì che succeda ciò che ancora non c’è ma il cui bisogno è pressante ogni giorno di più.


1 thought on “Europa: liste sì ma soprattutto per fare che cosa

  1. concordo con quanto scritto da Sandro Pollio. Voglio solo aggiungere un tema: l’etica in politica. I programmi possono essere più o meno convincenti, ma le organizzazioni (e le persone) che li portano avanti. non devono essere “sfiorati” da interessi personali nell’affrontare quei temi di programma. Forse una ridotta partecipazione al voto deriva anche da questo

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