Il voto alle europee. Almanacco del giorno dopo

Siamo sepolti dalle percentuali e dai commenti sugli incrementi, i decrementi e i sorpassi. Si può dire che queste prime ore non sono per nulla convincenti?
Mi limito a qualche osservazione che riguarda la sinistra ed il centrosinistra.

In primo luogo, dopo oltre venti anni di distorsione maggioritaria perché ciò che conta è vincere, forse è bene che alla politica interessi sapere cosa e come pensano e scelgono le persone reali: per questo allora occorre vedere quanti voti assoluti sono andati alle diverse forze politiche. Così si scopre che il PD perde 100mila voti rispetto a quelli presi nel 2018. Domanda: se il 2018 è stato un disastro, come chiamare quello di oggi? Non contiamo nemmeno i voti persi dalle liste più a sinistra del Pd, perché queste sono costrette alla irrilevanza.
Secondo: certamente è giusto apprezzare essere passati dal terzo posto in classifica al secondo. Non sarebbe male ricordare – oggi e per un lungo tempo ancora – che questo è successo perché il secondo è crollato e non per virtù propria. Ci perdoni la coppia Zingaretti-Gentiloni ma non sembra proprio il caso di farsi immortalare da foto su tutti i giornali mentre si festeggia con grandi scoppi di risa e buonumore.
Insomma, siamo ben lontani dal recupero di voti perduti in passato, anche se sui giornali si parla a vanvera di elettori tornati dalla libera uscita con i 5Stelle.
Terzo: il Pd è sopravvissuto alla prova elettorale ed è un bene. E’ però evidente che ha esaurito i suoi margini, dato che – pur avendo goduto del voto di tanti che non lo avrebbero votato ma lo hanno fatto per
dire un forte NO a Salvini – continua a perdere elettori. Alla sinistra del Pd c’è stata l’ennesima conferma del deserto, di idee e di elettori e soprattutto colpisce la totale assenza di effetto della maggiore novità del momento, l’enorme movimento di giovani per l’ambiente. Ed anche alla “destra” del Pd si vede solo l’ennesimo flop delle liste variamente ispirate a Bonino, radicali, neoliberal, macroniani e così via. (Peraltro, Macron è tornato ai suoi livelli del primo turno delle presidenziali: pensarci bene, prima di cercare altri Macron italiani. Visto il peso del sistema elettorale che distorce, in Italia ci vorrebbe un … De Gaulle italiano!).
Quarto: a me pare ci siano due dati politici che sovrastano tutti gli altri. L’Italia, intesa come governo (che pare piuttosto destinato a durare, almeno fino alla prossima finanziaria), è piuttosto isolata in Europa, perché i cosiddetti amici sovranisti – che sappiamo essere peraltro fieri oppositori di ogni finanza allegra – se anche non avranno la maggioranza desiderata, potranno comunque essere minoranza di relativo blocco e comunque i commissari economici sembrano fuori portata. Di questo isolamento pagheremo i costi, istituzionali ed economici, se il governo continuerà nelle sue avventure, finanziarie e morali, dal deficit all’immigrazione.
Il secondo dato è che la sinistra ed il centro democratico devono ripartire pressoché da zero. La sinistra perché non c’è come tale, è in affanno fortissimo in Europa, tranne che in Spagna e Portogallo, e al fumo della “ricomposizione nella lista unitaria” (uso parole e concetti che non condivido ma è per rendere l’idea) si deve sostituire la fatica di una costruzione nuova, nel progetto, nei materiali e negli architetti. Il centro
democratico perché è completamente scomparso, a meno di pensare che i lacerti di Forza Italia abbiano ancora qualcosa da dire, e perché è necessario per costruire alleanze tra soggetti distinti che convergono su
programmi condivisi.
Forza, bisogna provarci, mettendoci il tempo necessario, che non sarà breve: l’anno che ci separa dal 2018 è già stato abbondantemente sprecato, anzi, sta peggio l’Italia e sta peggio la sinistra. L’Italia – intesa come elettori – se ne accorgerà, la sinistra speriamo se ne accorga prima, iniziando, speriamo, con il dire a sé stessa la verità, che si deve avere un nuovo progetto, con nuovi architetti e nuovi muratori.