Dalle mille parole del dopo-voto alla matematica

L’argomento più gettonato di oggi, almeno a sinistra, è la “scoperta” della soluzione a tutti i problemi (della sinistra, dell’Italia, forse anche dell’Europa e, chissà mai, del mondo).

Finalmente Zingaretti, dopo alcune settimane in difesa della casamatta (volevo scrivere casa madre ma poi mi è uscita così e forse rende più l’idea) e comprensibilmente alla ricerca di un risultato che fosse un brodino ricostituente, una volta ottenutolo, adesso si lancia in ardite previsioni. Alla prima brillante trovata – dopo le europee unica prospettiva è quella delle elezioni anticipate – ne ha aggiunta una seconda: Sala è la risorsa decisiva per guidare il prossimo governo.
E’ vero che a Milano il PD è andato bene (suvvia, anche qui il voto utile fa mancare un bel po’ di voti sui precedenti, ma non stiamo lì a guardare tutto, le analisi del voto sui voti assoluti sono cose da Prima Repubblica, quando non si sapeva delle virtù del maggioritario, delle percentuali e del “si vince al centro” anche quando il centro non c’è più) ma non bisogna mai eccedere nei confronti.
Applichiamo due concetti matematici da scuola media inferiore (quella di una volta, mi rendo conto), cioè la proprietà transitiva e le proporzioni. Combinandole insieme, ecco cosa si può notare:
– se Gori trionfa a Bergamo (come domenica scorsa) ma crolla in Lombardia, vuol dire che sono due gare o addirittura due sport diversi;
– se Sala trionfa a Milano (come domenica e come nel 2016), come andrebbe a livello nazionale? Stessa considerazione sulle gare e sugli sport.
Per non parlare di Renzi trionfante a Firenze e (a parte l’effimero e drogato 42% alle europee 2014) non proprio un grande vincente nelle elezioni politiche!
Dietro e sotto la bella pensata su Sala (è il mio sindaco, ho votato per lui, penso che debba fare un secondo mandato ed anche che se non ci fosse lui la strada sarebbe spianata per un leghista) ci sono alcune idee deleterie.
La prima è che il tema del leader venga prima di quello di una linea politica e di un profilo riconoscibile: non è così, il rapporto è esattamente l’inverso.
La seconda è che ci sia una sorta di elezione diretta del Presidente del Consiglio: non è così, l’indicazione del nome sulle liste è sul filo della incostituzionalità, il sistema e la competizione elettorali sono di impianto proporzionale.
La terza è che l’Italia sia un “grande comune” oppure una somma di comuni: la politica “grande” non è la somma di tante “piccole”, i comuni sono una cosa a sé e le liste civiche contano solo nei loro confini (v. proprio la lista Gori a Bergamo).
Dunque, di cosa si sta parlando? Del nulla, tanto più pericoloso se perpetua idee sbagliate e se si sostituisce alla difficile costruzione di una politica vera.

Alessandro Pollio Salimbeni