Le dichiarazioni imbarazzanti del centrodestra su Liliana Segre.

In questi giorni si è levato lo sdegno per la scelta del (centro)destra di astenersi nel voto per la commissione proposta da Liliana Segre e per il rifiuto di alzarsi in piedi per salutarla in Senato.

Imbarazzanti commenti: del solito Salvini che predilige gli italiani ma dimentica che italiani sono tutti, anche gli ebrei, che la Costituzione garantisce i cittadini dalle discriminazioni e da soprusi e che tale garanzia vale per chiunque si trovi nel nostro Paese; della altrettanto solita Meloni che dice a Segre di voler difendere la famiglia, che non si vede come possa essere minacciata dalla commissione e nemmeno si vede cosa c’entri con il fatto.

Un altro commento è francamente imbarazzante, quello di Antonio Tajani. Avrebbe potuto fare come la sua collega di partito Mara Carfagna e, memore dell’incarico di presidente del Parlamento europeo, fare appello alla ben diversa dignità e dirittura di quella assemblea, anche nelle sue componenti, lì sì, di centrodestra. Invece si rifugia nella singolare categoria dell’equivoco, ovviamente strumentalizzato. E poi fa un passo in più, richiamando a merito di Forza Italia il sostegno permanente a difesa dello Stato di Israele.

Cosa c’entra lo Stato di Israele? È uno stato sovrano, con ordinamento democratico, che compie le sue scelte politiche in autonomia e indipendenza. Tali scelte vanno esaminate, discusse, condivise o avversate come per qualsiasi altro Stato al mondo: evidenziare il sostegno a quelle politiche come prova regina del proprio impegno contro l’antisemitismo è un modo per insinuare che l’antisemitismo è invece il retropensiero di chi quelle politiche eventualmente criticasse o abbia criticato. Ci sono pagine limpide di storici (Benny Morris, Sergio Luzzatto) e letterati (Amos Oz, David Grossmann) che da anni e anni combattono questa tentazione e pratica permanenti della destra israeliana. Evidentemente non solo in quel Paese.

Ci sono due dimensioni del problema: diritto alla esistenza dello Stato di Israele e giudizio sulle politiche che esso pratica. Sul primo punto, nessun dubbio: Israele esiste ed ha il diritto di continuare ad esistere. Anche sul secondo punto non ci possono essere dubbi: si può apprezzare, criticare, contrastare le politiche concrete di quello Stato, rifiutando il ricatto morale proposto da chi – a fronte di critiche – replica con le accuse di antisemitismo. Criticare il muro, la violazione di diritti, le discriminazioni, la distorsione teocratica, la occupazione delle terre, la predazione dell’acqua: sono fatti politici, sono scelte di governo e come tali sono esposte al libero convincimento e giudizio, proprio perché Israele nasce come stato democratico.

E poi c’è il problema più grande, quello della ondata di antisemitismo che si ripresenta con tutto il tragico e squallido corteo di “argomenti” che dalla fine dell’800 tormenta le migliori coscienze europee (e non solo: qualcuno ha voglia di studiare un po’ la storia dell’antisemitismo negli USA? ed anche le sue tracce nella letteratura americana?). Occorre reagire alle lugubri nostalgie dei neonazisti e fascisti – nostrani e di altri paesi europei – ma anche agli stereotipi sempre in agguato, riconoscendo che l’antisemitismo e l’intolleranza non stanno solo in gruppi, gruppetti e web nero ma anche nel bel mezzo delle nostre società e che proprio di quest’ultimo aspetto sono sintomo evidente atti, fatti e parole della destra politica italiana. Quanto alla strumentalizzazione di Tajani, parliamone apertamente: la laicità della politica è – o dovrebbe essere – patrimonio comune dei democratici, quali che siano il retaggio storico e gli orientamenti religiosi e culturali di ciascuno.