Una proposta di aria fresca e nuova. Cosa potrebbe scrivere Zingaretti.

Zingaretti ha certamente il merito di rendersi conto che il governo scricchiola e non trasmette una immagine di certezza, determinazione e capacità di innovazione. Lo sta dicendo con interviste e dichiarazioni e poi ha affidato ad una lettera al Direttore di Repubblica il compito di riassumere i punti salienti della sua posizione. Giusto ed opportuno.

Non si ha l’impressione, però che abbia centrato gli argomenti, dal momento che la più grande delle sue preoccupazioni pare essere quella che il PD ha una immagine di divisione e non di coesione.
Torniamo su questo tema perché sembra proprio che continui un equivoco che invece – insieme ad altri, per carità – va smentito. Oddio, non si può smentire che il PD sia diviso ma non è certo il problema più grave se non si dice perché e su cosa avvengono tali divisioni.
Non vedo sguardi smarriti e nemmeno curiosi di persone che si interroghino sulle divisioni. Vedo e sento molti che si interrogano su cosa intenda fare il PD per governare, se intenda porre con forza ai riluttanti compagni di viaggio la necessità di un cambio di rotta. Vedo anche un certo numero di persone che non si domanda più nulla, per rassegnazione, beninteso.

Invece di scrivere che ci vuole l’unità, sarebbe meglio se Zingaretti – o meglio ancora un qualsiasi organismo dirigente del suo partito, così capiremmo che tale partito c’è e funziona e discute e magari esprime opinioni diverse che poi trovano una composizione condivisa – scrivesse in una lettera un paio di cose

  • ai suoi partner al governo: non si può accettare che ogni singolo partito agiti una bandierina per il suo supposto tornaconto elettorale senza curarsi dell’insieme; che ci siano ogni giorno dichiarazioni “del +1”; che ministri dichiarino su tutto tranne che sulle materie di cui sono direttamente responsabili;
  • ai suoi compagni di partito: sono accettate e benvenute opinioni e proposte sul merito dei problemi alla condizione che non avvenga via social o rapporti privilegiati con giornalisti corrivi ma in sedi di discussione pubblica e collettiva (impegnandosi contestualmente a far lavorare così il suo partito, non con metafisiche app di più che sospetta copiatura di 5Stelle);
  • a tutti: che il PD sostiene lealmente il governo ma che se si continua così sarà proprio il PD a dire basta.

Ecco, forse una lettera così (è un suggerimento, una ipotesi) produrrebbe qualche risultato. Il resto è aria, nemmeno troppo fresca, dato che appelli all’unità se ne conoscono a centinaia, di solito in ragione inversa alla convinzione reale e certamente alla efficacia.

Post scriptum: non riesco a capire la ragione del viaggio di Zingaretti negli Usa e nemmeno perché abbia incontrato il sindaco di New York e – soprattutto – Bill Clinton. Immagino sia la solita “necessità” di legittimarsi oltre Oceano: mi pare invece che il problema del Pd sia quello di legittimarsi – per davvero – presso gli elettori italiani. La scelta degli interlocutori, poi, dimostra solo un inescusabile provincialismo.