Salvini, tiè. Questa volta abbiamo vinto noi! E ora?

Alla fine, ce l’abbiamo fatta. Viva Bologna, e Modena e Ravenna, viva soprattutto Reggio, ove come Pd abbiamo avuto il 39,4 %! Ora c’è l’opportunità di ripartire, con minore affanno e una visione che vada oltre l’immediato.

In attesa di analisi più professionali, vediamo subito qualche dato significativo. I voti sono tornati al livello delle Europee, moltissimi più delle passate Regionali, forse perché, per la prima volta, la partita appariva apertissima. Bonaccini ha raddoppiato i consensi rispetto al 2014, riconoscimento ad un politico concreto, fattivo, non esagitato. Anche il PD non è andato male: nonostante le scissioni ha guadagnato 200 mila voti rispetto al 2014, ma anche 30.000 rispetto alle Europee.

Salvini ne riceve un duro colpo. Il suo progetto di tornare presto al governo, ora che la finanziaria per il 2020 è alle spalle, è tramontato. Dovrà intanto gestire il malumore di chi ci aveva creduto e poi, fra un anno o due, non è detto che l’onda di popolarità continui a sostenerlo. Noi ce l’abbiamo fatta ma abbiamo sofferto fino all’ultimo, perciò sbaglieremmo a buttarci dietro le spalle con indifferenza la vicenda di questi mesi.

Nei numeri, sommando i capoluoghi di provincia, il PD ottiene il 36% – fuori città il 34%. Per aree, si vede una netta differenza: in quattro province siamo nettamente oltre  il 35%, in altre tre restiamo sotto il 30%. Evidentemente, al di là dei fattori locali, ci apprezzano di più gli elettori direttamente a contatto coi pregi del sistema di amministrazione e di welfare che abbiamo consolidato nei decenni, nelle comunità più isolate invece prevalgono l’inquietudine, il bisogno di protezione e la sensazione di essere esclusi dal sistema. Anche se talvolta questo sentimento pare irrazionale (ricordate Gorino?) ce ne dobbiamo far carico con sincerità e non solo nelle dichiarazioni di buone intenzioni, che ho sentito troppe volte.

Provo a metter lì alcuni titoli: – proteggere davvero il singolo dal potere prepotente e indifferente delle grandi organizzazioni private e pubbliche: la sordità e le piccole vessazioni contribuiscono a creare fastidio e senso di estraneità  – trasmettere concretamente all’opinione pubblica il senso di ciò che abbiamo già fatto bene (ad esempio, la finanziaria varata quest’anno mi pare ottima, ma come partito non la sappiamo “vendere”) – mettere da parte la fascinazione per ciò che chiamiamo il “modello Milano”, l’Italia non è Milano e Milano può essere un modello solo per alcuni aspetti, per rapportarsi al 99% del paese è incongruente – annunciare subito ciò che vogliamo fare: riformare l’Irpef a favore dei redditi bassi, dare capacità di piccoli investimenti ai Comuni che abbiamo troppo penalizzato, investire nella sanità pubblica – ma poi farlo per davvero e rapidamente, senza tentennamenti.

L’ultimo punto va a toccare immediatamente le relazioni con gli alleati di governo e i loro comportamenti spesso infantili. Leu sta dimostrando un’apprezzabile spirito di collaborazione, si può sperare che il Movimento emerga dai suoi Stati Generali con una fisionomia più stabile, magari “non allineato” con noi ma con una linea organica e razionale. Restano le frange alla destra del PD, piene di capricci (Roma) e ricche di grandi pretese, ben oltre il loro effettivo peso nel paese. Credo che dovranno essere ridimensionate con qualche duro scontro: non dobbiamo avere paura, non hanno la forza per reggerli. E tra gli sconfitti di oggi non c’è solo Salvini, c’è anche Renzi che ha avuto paura di misurarsi.

Ora non dobbiamo farci prendere dall’arroganza della vittoria. Non abbiamo sbaragliato gli avversari, non siamo al 40% del 2013 (che, oltretutto, era fuoco di paglia). Gli “acuti” commentatori di sempre, i Mieli, i Secchi, i Damilano ci esortano a tornare all’impianto maggioritario, accampando una motivazione oscena: “che ci converrebbe come partito”.  Conseguentemente, il loro disinteressato consiglio a Zingaretti sarebbe quello di ridimensionare Conte e magari andar subito alle elezioni. E’ davvero ciò che serve al paese? Non preoccupatevene, ci dicono, ci penserete la prossima volta.

Io invece ritengo che proprio adesso, superato il panico, sia  essenziale varare una legge elettorale di tipo proporzionale, a soglia bassa. Il nostro sistema politico è gracile, non possiamo permetterci di tenere milioni di elettori fuori dalla rappresentanza parlamentare. E la legge dovrà essere a preferenze: abbiamo bisogno di migliorare indipendenza, qualità e rappresentatività sul territorio della nostra classe politica.