Dal buon cuore (sempre fantastico, quello degli italiani) alle nuove politiche (sempre traballanti, quelle italiane)

E’ bellissimo vedere che l’appello alla sottoscrizione mette in luce solidarietà e coinvolgimento. Penso che ogni contributo vada accettato e trovo stucchevoli le polemiche che si leggono su Facebook e dintorni.

Dopo Ferragni-Fedez e Berlusconi, tanti italiani (aziende, ricchi signori, cittadini) stanno versando un contributo alle più diverse organizzazioni e strutture sanitarie, per contribuire ad uno sforzo straordinario. E’ bellissimo vedere che l’appello alla sottoscrizione mette in luce solidarietà e coinvolgimento. Penso che ogni contributo vada accettato e trovo stucchevoli le polemiche che si leggono su Facebook e dintorni (per essere preciso: condivido solo le critiche – eventuali perché non c’è stata ancora materia – se rivolte a Salvini, non perché sia “lui” ma perché prima di versare qualcosa dovrebbe rinunciare alla rateazione e restituire 49 milioni allo Stato).

Però … sì, c’è un però. Per fare fronte alla drammatica situazione italiana ci vuole molto di più: ci vuole una politica pubblica stabile, credibile, dotata di risorse. Il contributo autonomo e spontaneo va bene, anzi benissimo, come risorsa aggiuntiva, che viene da una conoscenza diretta o da uno specifico riconoscimento (io verso il mio 5 per mille all’Ospedale di Niguarda perché sono riconoscente per la esperienza diretta che ne ho, do’ sempre un contributo a due associazioni nel campo sanitario per la stessa ragione). Un governo invece ha il dovere di realizzare gli strumenti perché in  via permanente e strutturale il risparmio dei cittadini venga orientato verso usi produttivi e di rafforzamento costante delle risorse pubbliche a carico del bilancio dello Stato.

Mario Monti ha proposto l’euro bond sanitario e poi ha precisato opportunamente che a questo strumento comunitario occorre affiancare un bond nazionale, che possa essere utilizzato come investimento del risparmio delle famiglie.

Si può pensare ad altri strumenti. Se i bond per la sanità hanno il pregio di essere rivolti ad uno specifico utilizzo, vi è tutto il campo degli investimenti in campo industriale. Una breve riflessione: in queste giornate durissime alla Borsa di Milano si è manifestata la preoccupazione che soggetti stranieri invogliati dal basso corso delle azioni possano fare scalate societarie malevoli. Vi è invece un interesse nazionale esattamente opposto: abbiamo importanti aziende nel settore biomedicale e farmaceutico che possono svolgere per un lungo periodo un ruolo essenziale per le necessità del sistema. Rafforzare la consistenza finanziaria di queste aziende è un contributo alla economia nazionale, un  contributo a queste aziende senza sovvenzioni che distorcono i valori di impresa e – da ultimo ma non per ultimo – possono essere un buon  affare per chi investe in esse. Acquistare le azioni? Certo. Istituire un  PIR dedicato (come si fece tre anni fa per le piccole industrie ma poi si rovinò tutto allargando alle imprese di costruzioni e non facendo capire a chi andassero poi i fondi e con quali effetti industriali)? Perché no. Far acquistare azioni alla Cassa Depositi e Prestiti con fondi da reintegrare facendo emettere dalla CDDPP una obbligazione dedicata, rivolta anch’essa ai piccoli risparmiatori? Ragioniamoci bene.

E si deve ragionare bene anche su regole di gestione di queste risorse, per evitare casi Alitalia (a proposito: la crisi poteva essere la buona occasione per tagliare il nodo Alitalia ma invece si è pensato bene di proseguire a donare inutilmente il sangue e i rimpatri necessari mi pare li stia effettuando Neos!) e limitare il vezzo di amministratori un po’ infedeli di andarsene con liquidazioni d’oro (diritti acquisiti!?!) anche quando fanno disastri. Va detto che le aziende che si possono trovare nel listino di Borsa sono ben più serie e sono per la loro storia una garanzia, ma insomma qualche strumento in più casomai fosse necessario…

Altri, tecnicamente più competenti, possono lavorare alle soluzioni operative. Alla politica, ai partiti, a quelli veramente innovatori e di sinistra, spetta di tracciare una strada e di raccogliere le competenze necessarie. E’ sorprendente che siano venuti più suggerimenti da Mario Monti e da Alesina-Giavazzi sul Corriere della Sera: sorprendente ma non spiacevole, perché vuol dire che la realtà costringe a cambiare le idee. Spiacevole, invece, ma non sorprendente, ahimè!, che da sinistra non si sentano proposte di sistema e di lungo periodo, una volta si sarebbe detto strutturali. Anche sul piano locale: il Comune di Milano ha lanciato una sottoscrizione e intanto lamenta (giustamente) che stanno crollando le sue entrate a causa della paralisi della città. Dimentichiamo, per bontà, l’incidente dello spot su Milano che non si ferma (incidente per la intempestività e anche per l’immagine che dava di una città sostanzialmente effimera): ma perché non  ha messo allo studio una e missione di un “buono Milano”, permanente e strutturale? E se lo sta discutendo riservatamente, perché non trovare il modo di annunciarlo, proprio per sollecitare i cittadini milanesi? E uscire dalla forchetta sottoscrizione/tasse che sono strumenti vecchi ed inefficaci.