Opinione pubblica e Fase2: senza strategie chiare, consenso a rischio per il Governo

Dopo la discussa conferenza stampa del Presidente del Consiglio, alcune riflessioni su come gestire la Fase2

Secondo uno studio di Assolombarda sulle modalità di lavoro, sul totale del campione il 49% dei lavoratori dipendenti è attualmente in smart working, il 21% si reca in sede, il 30% non svolge attività lavorativa.La quota di lavoratori in smart working è più contenuta nell’industria (43%) rispetto al terziario (65%), viceversa la quota di lavoratori presenti in sede (24% nell’industria e 12% nel terziario). I dipendenti che non svolgono attività lavorativa sono nell’industria il 33% del totale e nei servizi il 24%.

Quando pensiamo ad una “fase 2”, nella quale sarà necessario far viaggiare i mezzi pubblici a capienza ridotta, dobbiamo tenere in considerazione che tutte le strategie per evitare il sovraffollamento presuppongono che le aziende continuino ad adottare questa modalità di lavoro. Questo, insieme alla chiusura delle scuole sino a settembre, è un elemento determinante per evitare l’esplosione del traffico automobilistico in città. Faccio questa considerazione dopo aver letto molti commenti negativi per le misure che stanno per entrare in vigore sulla riduzione dei posti sui mezzi a Milano, considerazioni basate sugli abituali flussi di persone della città: quel mondo, finché non si tornerà davvero alla normalità con una cura o un vaccino, oggi non esiste.

Tuttavia, nella conferenza stampa del Presidente del Consiglio, i grandi assenti sono stati proprio gli elementi di “vita vissuta” delle persone in una prospettiva di medio periodo. Nessun riferimento alla difficoltà dei genitori che dovranno tornare al lavoro dal 4 maggio senza sapere come gestire i figli a casa fino a settembre. Nessuna indicazione su come organizzare i trasporti pubblici (a Milano, come detto, ci sta ragionando il Comune in autonomia), su come i lavoratori potranno esigere la tutela della propria sicurezza sul posto di lavoro e fare applicare i protocolli firmati dalle parti sociali, nessuna indicazione su come i tanti operatori del commercio che devono aspettare giugno potranno essere economicamente protetti.

Ma, a ben guardare, la principale mancanza della conferenza stampa è stata la spiegazione su come gestire la “convivenza” con il virus. L’ha chiamata così il Presidente del Consiglio, convivenza. Ma per convivere con il virus in assenza di cure certe e di un vaccino serve una rigorosa strategia di tracciamento dei nuovi contagi, un rafforzamento significativo delle misure sanitarie territoriali (sulle quali Regione Lombardia è un esempio negativo per eccellenza). Il consenso, fin qui molto ampio, per le misure adottate dal Governo si basava un fattore di fondo abbastanza semplice, ovvero che per quanto le regole fossero estremamente dure e rigide, erano facilmente comprensibili nella loro logica di fondo. Se però entriamo in un ambito di differenziazione (si può uscire, ma solo per vedere i “congiunti”, forse anche per andare a messa, però solo nella stessa Regione, ecc), sarà inevitabile che le persone si sentano a questo punto in diritto di protestare: perché Mario può andare da Mantova a Sondrio a trovare un parente di sesto grado, mentre Paolo di Perugia non può andare a Siena dalla fidanzata? Qual è, a questo punto, il criterio scientifico (o logico) che consenta ad una persona di accettare la sospensione di alcuni diritti fondamentali e costituzionali?

Servono strategie chiare e scelte razionali. Gli italiani hanno dimostrato nella Fase1 di poter rispondere con rigore alle regole e di poter fare grandissimi sacrifici con abnegazione. Questa fiducia ora va ripagata (che non vuol dire riaprire tutto indiscriminatamente come vogliono alcuni scellerati), altrimenti è fortemente a rischio il consenso dell’opinione pubblica verso l’azione del Governo.