L’avvertimento al Partito Democratico e al centrosinistra: non è un Conte che fa primavera.

Ora che si profila una possibile uscita dalla emergenza, stanno tornando in campo con prepotenza le diverse visioni politiche, i distinguo e le conflittualità.

Al netto degli errori fatti e delle responsabilità sulle decisioni prese, di una cosa possiamo essere certi, non si sa come, ma dalla emergenza Covid-19 ne usciremo.
Le discussioni di oggi, certamente motivate, saranno archiviate e dovremo affrontare la vera ripartenza.
Sul piano economico, le misure di emergenza messe in campo a livello planetario ci assicurano che, se pur ipotecando massicciamente il futuro, una grande massa di denaro verrà fatta circolare per sostenere le diverse economie, Stati Uniti, Unione Europea, Cina, Russia.
Il dilemma a cui nessuno ancora è in grado di rispondere è cosa funzionerà ancora, cosa cambierà e come cambierà. Può essere una occasione inedita per immaginare una società rinnovata oppure ricadere negli errori del passato.
Non ci eravamo ancora ripresi dalla grande crisi del 2008 che il coronavirus ci ha fatto toccare con mano come in un mondo globalizzato si può rischiare di cadere con estrema fragilità e in pochissimo tempo nel baratro, certamente saranno pensate misure che, memori di questa esperienza, maggiormente garantiscano la continuità della produzione anche in tempi di lockdown, verosimilmente spingendo sulla ricerca e sulla automazione spinta. Potrebbe essere che ci ritroveremo a ripensare nuove regole per il lavoro, la produzione, gli scambi commerciali, i trasporti.
Oppure potrebbe accadere che nell’incapacità delle leadership di guidare questi processi ci si possa ritrovare a non riuscire a affrontare positivamente le questioni irrisolte.
Cito alcuni grandi temi globali, per ora accantonati, sui quali si stava discutendo solo pochi mesi fa, il surriscaldamento della Terra, l’inquinamento, lo sfruttamento delle materie prime, le migrazioni e le guerre sull’acqua e sul cibo, i conflitti armati locali, le disuguaglianze economiche e sociali.

Pensando a casa nostra, sono passati solo pochi mesi, l’Italia stava arrancando (solito fanalino di coda dell’Europa), era appena terminato al Papete il Governo giallo-verde e muoveva i primi passi il governo giallo-rosso.
Il primo, quello del Prima gli Italiani, era riuscito a gravare il debito pubblico per mantenere le sue promesse elettorali e a incarognire il clima sociale e politico con le sue battaglie contro l’Europa, i migranti e la sinistra dei radical chic, aumentando notevolmente il consenso politico degli elettori verso le diverse componenti della destra nazionalista e populista, inclusa quella nel Movimento 5 Stelle.
Il secondo, quello  della salvezza nazionale, ancora non era uscito a produrre granché, impantanato nella conflittualità politica con il Movimento 5 Stelle che da partito antisistema era mutato nel suo esatto contrario pur dimezzando il suo consenso elettorale, e con Italia Viva di Renzi alla ricerca di una nuova leadership di governo.
Se un aspetto positivo ha avuto il coronavirus sulla politica italiana è quello di avere allontanato dentro il  Movimento 5 Stelle le posizioni contro la scienza, allorquando ci si è affidati alla guida e alla esperienza dei medici e la speranza è stata riposta proprio nel vaccino della salvezza.
Ora che si profila una possibile uscita dalla emergenza, stanno tornando in campo con prepotenza le diverse visioni politiche, i distinguo e le conflittualità.
Come investire il bilancio pubblico? Quali settori rafforzare? Quali gli strumenti per rilanciare la sanità, il recupero del territorio, gli investimenti green, i trasporti, le infrastrutture tecnologiche? In quale direzione?
Questo è il compito della politica, indicare una direzione che, scusate, non era chiara prima e non si vede ancora adesso, perché diversi sono gli intendimenti delle forze al governo; se le cose non andranno per il verso giusto, saranno chiamate a gran voce a risponderne, con il rischio concreto di un ritorno pericoloso della destra.
Non è di buon auspicio il fatto che le proiezioni elettorali non abbiano spostato di molto le intenzioni di voto degli italiani con fluttuazioni poco significative e l’unica cosa che cresce è il gradimento verso la leadership di Conte che ha preso rilevanza durante la Fase 1.
Le forze di centrosinistra, Partito Democratico in testa, rischiano se non sapranno motivare  i 5 Stelle e convincerli verso una solida prospettiva di crescita sotto l’ombrello dell’Europa, l’unica che ha consentito all’Italia di stare a galla in questi anni, oltre a mitigare poco digeribili posizioni giustizialiste e pulsioni populiste. E se non riusciranno a gestire l’irruenza di Italia Viva e di Renzi, sempre deciso a aprire nuove prospettive verso il centro politico.
Intanto la rinnovata battaglia sul MES e sulla autosufficienza dell’Italia dall’Europa non fanno presagire bene.
E non sarà un Conte che fa primavera.