Il nemico è il virus ma anche la confusione va sconfitta

Bonus, sostegni, sussidi: tutto insieme, uno sopra l’altro in una grande confusione. E non si sa dove si vuole andare.

Sono anch’io in cassa integrazione e per la prima volta accetto di buon grado: non c’è un colpevole e tutti dobbiamo fare la nostra parte. Nessuno resti indietro: anche questo va bene. Solo che ogni giorno vedo che si stanno sempre più accumulando provvedimenti di sostegno, di incentivo, di sussidio e più se ne approvano più ne vengono chiesti.

Tra gli ultimi, in ordine sparso: bonus energia al 100%, che si aggiunge a quello che già esiste da anni e a tutti gli altri interventi che coprono anche l’edilizia (cassa integrazione, bonus vari, ecc.); reddito di emergenza, che si aggiunge a quello di cittadinanza; bonus per le motivazioni più diverse, dalla baby sitter alle badanti, che si aggiungono ai vari bonus usciti dalla fertile fantasia governativa, da Renzi a Conte 1 a Conte 2 (a proposito: quello di 500 euro per comprare i computer deve essere servito a comprare altro, se poi un terzo degli studenti non ha potuto seguire le lezioni online!); bonus vacanze per operatori turistici e consumatori, ciascuno dei quali già gode dei provvedimenti precedenti e come se le vacanze fossero improvvisamente diventate un diritto costituzionale; perché elevare le soglie già alte per le detrazioni per lavori di adeguamento energetico delle abitazioni senza sapere se risorse aggiuntive daranno risultati aggiuntivi; agevolazioni a chi fa pubblicità su radio e tv, che pure rientrano nelle categorie generali dei sostegni e per i quali – almeno le tv – non sarebbe male se spendessero meno e meglio passando dall’acquisto di costosi format internazionali alla creatività nazionale e magari dando una limata a un  certo numero di compensi.

Un altro aspetto mi rende perplesso: dietro le cifre di Confcommercio non ci sono anche tante situazioni di negozi che da lungo tempo sono al limite – se non oltre – della redditività? e poi, se (tutti dicono che) aumenterà il ricorso al negozio di vicinato, siamo certi che quei giri di affari non miglioreranno abbastanza rapidamente? (meglio trovare nel frattempo qualche forma contrattuale positiva per inquadrare i “garzoni”, come si chiamavano una volta invece che rider, dato che aumenteranno le consegne a domicilio, meglio che delivery) – prendiamo nota che se si dovessero approvare bonus anche per i negozi “sull’orlo” non sarebbe male parametrare il bonus alla denuncia dei redditi dei due anni precedenti.

Terzo problema: in quale misura le risorse finora stanziate sono giunte a destinazione? quanti soggetti e per quali valori hanno avuto materialmente i soldi (persone e imprese) ? a quanto ammontano i prestiti effettivamente erogati dalle banche e a quali costi, in base alla garanzia dello Stato? Senza sapere questi dati e senza aggiornarli progressivamente, come si può continuare a stanziare risorse in deficit, fare annunci e così via? Sergio Rizzo dice (Repubblica del 6/5) che per la cassa integrazione in deroga sono state erogate le risorse per 68.000 richieste su 700.000 e per le aziende inferiori a 5 dipendenti a 17.000 lavoratori su 1,4 milioni: i commenti sembrano inutili.

A me pare che la situazione stia sfuggendo di mano e che ci siano più di un problema:

  • tecnico: duplicazioni, sovrapposizioni, semplificazioni, tempistica
  • finanziario: uso efficiente delle risorse scarse
  • sociale: equità degli interventi e del sistema che ne nasce
  • psicologico: come ho letto in un giornale di oggi, la politica sembra affrontare crisi e disagio sociale con “bonus ritagliati per ogni segmento sociale…reddito e debito invece del Pil”.

In sintesi, vedo un grande problema politico di fondo, cioè la necessità di esprimere il senso, la direzione di marcia, la prospettiva economica e sociale di medio e lungo periodo, senza di che sarà ben difficile ricostruire.