Tinin Mantegazza: un umorista che ha fatto grande Milano

Disegni, pupazzi, televisione, libri, la ricerca con Munari, le fondamenta del cabaret milanese, il teatro per ragazzi: un intellettuale vero. E’ una sfida, definirlo intellettuale: lui per primo avrebbe ironizzato sulla definizione, con quello sguardo buono e insieme sornione e indagatore …

curioso e per questo sempre con la scintilla di chi – se non sta creando in quel momento – capisci che sta accantonando quel che vede e quel che sente perché domani o dopo o chissà quando troverà lì lo spunto o un  frammento per una delle sue opere.

Così era Tinin Mantegazza: un uomo insieme vorace e generoso. Vorace nella ricerca, nella continua spinta a sperimentare, a percorre strade nuove. Generoso nel proporre una sua lettura – che era poi sempre rimeditazione – del mondo e dei suoi movimenti e nel fare – non nel tenere – scuola. Un maestro che si proponeva tale intanto che apprendeva: così spiego la sua straordinaria capacità di passare dalla pittura al disegno, dalla creazione di pupazzi (esseri umani più alti, non solo per le dimensioni paradossali e perciò stesso comiche ma perché accentuavano i caratteri e li portavano allo stato puro) alla televisione, dal cabaret al rapporto costante con il teatro “alto”. Mi farebbe a pezzi, se potesse vedere questa definizione, che del resto – da buon amico di Tinin e da una frequentazione che è iniziata oltre 40 anni fa – uso solo per convenzione, sapendo bene quanto per Tinin e per Velia e per tutti quelli che hanno creato il teatro per ragazzi (cito per tutti Iolanda Cappi e Franco Spadavecchia) facendone una fucina di attori, registi, disegnatori, non ci fosse teatro alto o basso ma teatro a tutto tondo, come la vita. E come si potrebbe del resto definire “bassa” una attività si costante sperimentazione condotta per anni fianco a fianco con un autentico genio come Bruno Munari: e per collaborare tra loro, avranno dovuto ben condividere una grande idea generale, un ben più di un pizzico di follia e tanta genialità.

A Milano si parla di spettacolo e di cabaret e si cita immancabilmente il Derby. Lo ha fatto meritoriamente la recente mostra su Milano anni 60 con un alcune belle fotografie, ma solitamente si citano poco, per le origini del cabaret milanese,  Tinin Mantegazza, Franco Nebbia, Umberto Simonetta, Walter Valdi, i Gufi, Ricki Gianco: capiscuola, maestri di generazioni di artisti, da Jannacci a Gaber, da Nichetti a Cochi e Renato, ad Abatantuono Paolo Rossi e Salvatores. Insieme a Dario Fo, sodale e al tempo stesso caposcuola a suo modo e misura, sono stati la spina dorsale di un movimento, come si usa dire oggi. Per di più con insospettati sostegni e teorici, addirittura, nella stessa accademia, da Oreste Del Buono a Vittorio Spinazzola a Umberto Eco.

Ispirazione artistica, straordinaria acutezza dell’umorismo, sensibilità artistica valgono meno se non sono sostenute dal robusto ancoraggio ad una idea generale di società, del mondo e del rapporto tra le persone. Di Tinin è stato ricordato in questo giorni il rapporto profondo con l’Anpi e l’ispirazione antifascista e democratica. Vorrei ricordarne – proprio perché di questi tempi usa meno – la convinta adesione al Partito Comunista ed alla militanza in esso, dall’impegno nelle commissioni per la politica culturale alla generosa partecipazione – di ideazione, di gestione, di regìa – a tante Feste dell’Unità, provinciali e nazionali, per qualificarne quell’offerta di spettacolo e di cultura che a Milano dalla metà degli anni 60 alla metà degli anni 80 portarono cartelloni di assoluto valore. Anche questa fu cultura nel senso pieno, ed erano i tempi in cui Abbado e Pollini aprivano la strada della musica classica alle fabbriche ed agli operai milanesi. Un piacere averlo frequentato, un insegnamento aver collaborato in qualche occasione con lui e con Velia, una soddisfazione aver contribuito in anni successivi alla attività del Teatro del Buratto: ma certo un onore ricordarlo, con l’augurio che Milano sappia trovare il modo – fuori da queste settimane difficili – di dare il giusto riconoscimento ad uno dei suoi protagonisti.