Si vota? Nel PD riparte il posizionamento delle correnti, ex renziani in primis.

Dopo le fibrillazioni nella maggioranza di Governo che hanno visto Alessandro Di Battista rivendicare un congresso in casa M5Stelle, anche in casa PD capita che Giorgio Gori attacchi la leadership di Zingaretti e rivendichi un congresso. Cosa sarà mai?

Eppure molti concordano come non ci siano al momento formule di Governo che possano cambiare lo stato delle cose, la crisi economica incalza e nessuno si sognerebbe di fare cadere il Governo Conte; anche Renzi , dopo avere sparato qualche mortaretto per far notare che c’è, si è ritirato nelle retrovie.

Nemmeno dal punto di vista politico e programmatico di governo ci sono novità alle viste; M5Stelle indebolito ma forte dei suoi numeri in Parlamento è sempre pronto a difendere i propri cavalli di battaglia e, per quanto il PD faccia la voce grossa e rivendichi la necessità di un doveroso e necessario cambio di passo, rimane inchiodato dal suo numero inferiore di parlamentari e dalle proiezioni elettorali che vedono tutti fermi al palo. Non si muove foglia, nemmeno a destra dove, se Salvini scende, la Meloni sale ma a somma di consensi pari. Volendo approfondire, sarà proprio la componente liberal degli ex renziani ad attirare le simpatie di M5Stelle e produrre l’effetto di un cambio nelle deleghe di Governo?

Oltretutto, la situazione è talmente critica e confusa che nessun partito avrebbe in animo di affrontare vere riforme per il Paese Italia, che si regge proprio sul fatto che “tutto possa cambiare per fare in modo che nulla cambi”. L’avvicendamento delle maggioranze non cambia le cose, semmai le somma, difficile toccare quanto è stato dato ai vari gruppi di interesse da chi ha preceduto, si rischiano consenso e voti. Se proprio le cose andranno male ci sarà pure sempre la scappatoia dei tecnici chiamati in extremis a salvare la nave che rischia di affondare, per poi essere cacciati e sbeffeggiati dopo avere fatto il lavoro sporco a causa delle scelte che i partiti non hanno voluto fare.

Quindi? Si devono preparare le liste dei candidati e la segreteria nazionale, pure in difficile equilibrio, oggi è più sbilanciata a sinistra mentre nel PD ci sono le componenti che facevano riferimento a Renzi che rischiano di essere penalizzate; perciò è utile un poco di fibrillazione nel partito per ottenere ascolto e in cambio offrire come garanzia il mantenimento dell’equilibrio a fatica raggiunto nel PD con Zingaretti.

C’è un’altra motivazione che accompagna la disputa in corso, non è dato sapere come andranno le regionali, quale peso avrà il referendum (e quale indicazione darà il PD in proposito) e quale impatto avrà la temuta crisi autunnale sul Paese e quindi sui partiti di maggioranza e sul Governo. Perciò prendere le distanze e a buttare la croce su Zingaretti può essere utile. In fondo non è proprio la multipolarità del PD a fare in modo che nella difficoltà di chiarezza del progetto politico del partito sia come al solito il Segretario Nazionale a farne le spese?

Il centrodestra intanto comodamente soffia sul fuoco del malcontento e attende.