Perché io voto NO, perché va bene che il PD ufficiale si esprima per il SI’.

Un referendum è sempre una semplificazione grossolana, non si può votare “No, però …” e perciò talvolta si resta un po’ insoddisfatti di qualunque scelta. Dato che una scelta è inevitabile, si dovrà scegliere tenendo conto del merito della questione, ma non si possono trascurare le conseguenze di questo o quel risultato.

Nel merito, le ragioni a favore del SI’ sono ridicole (il risparmio “di una tazza di caffè”) o palesemente false. Non si può seriamente sostenere che approvando una riforma senza senso si costringerà il Parlamento futuro a realizzare poi una riforma istituzionale completa e bellissima, che gli ridarà efficienza. Niente assicura che a non essere eletti saranno i parlamentari meno efficienti, assenteisti: potrebbero sparire i migliori. Aumentando il numero degli elettori per deputato, il rapporto con essi si diluisce, non si rafforza.

Un po’ più fondate sono le ragioni del NO: alcuni elettori/regioni avranno meno peso (Calabria, Sardegna) a favore di altri (Trentino e Sudtirol), le forze politiche minori saranno penalizzate  in molte regioni, ma soprattutto, se si lasciano al Parlamento le stesse incombenze e si diminuisce il numero di chi ci opera, ovviamente diminuirà la quantità e qualità del lavoro svolto. Il Parlamento oggi ha pesanti criticità e limiti: la scelta dei parlamentari è stata di fatto tolta all’elettore e consegnata alle segreterie dei partiti, la selezione avviene per cooptazione o per notorietà esterna, non per merito politico, i percorsi delle leggi sono tortuosi e inefficienti. Ma il taglio non rimedia a nessuna di esse, vi aggiunge invece un altro piccolo tassello. Per questo voterò NO.

Nel merito, comunque, non credo che sia una questione di cruciale importanza, non credo che riducendo i seggi si rischi davvero uno sfregio alla democrazia o alla Costituzione ed ho tagliato il banner troppo enfatico e catastrofista che mi ero copiato sul profilo FB, ho lasciato solo la dichiarazione di voto per il NO. In realtà, la nostra decisione individuale conterà poco sul risultato (uno su milioni di voti!). Non vorrei deludervi, ma il risultato è già scritto, e hanno vinto i SI’. Nei sondaggi estivi la approvazioni stanno fra il 60 e il 66% e sarei molto stupito se in un mese il fronte del NO riuscisse a recuperare 20 o persino 30 punti di distacco.

Eppure, votare NO ha la sua importanza. Questa nuova legge insensata è stata proposta e sostenuta per “lisciare il pelo” alla pancia degli elettori più sprovveduti, assecondando la loro rabbia antipolitica contro l’istituzione parlamentare, bersaglio facile e visibile. E’ importante che il prevedibile successo del “grillismo” peggiore sia temperato da una robusta minoranza che col NO dica: non ci lasciamo incantare dalla vostra demagogia di basso livello, vi chiediamo invece di affrontare i veri problemi con serietà e responsabilità.

Ma il PD ufficiale, Martina e Zingaretti, si sta esprimendo per il SI’: li capisco, non riesco a condannarli. Per l’Italia, è essenziale che si saldi un comune sentire fra i ceti inseriti nel sistema ma non insensibili all’esigenza di riforme e progresso, nel rispetto delle regole di civismo, e i ceti sfiduciati che si sentono antagonisti perché lasciati in questi anni ai margini di ogni possibile crescita, drop out. Ci serve una convergenza di sentimenti fra aree sociali, prima che l’alleanza elettorale fra le forze politiche che le rappresentano, PD e M5S. Questo, oggi, è l’obbiettivo numero uno, l’unico modo per ricondurre il paese su una strada di normalizzazione e progresso e anche per tenere lontane dalle risorse pubbliche (nazionali ed europee) gli allegri saccheggiatori, dal leghista tipico al presidente di Confindustria. Se per rendere possibile questa convergenza occorre ingoiare qualche rospo, sgradevole ma non di drammatica importanza, capisco che si accetti di farlo.

Personalmente, mi tapperò le orecchie per non sentire le nostre pubbliche giustificazioni, tipo “è una battaglia di molti anni della sinistra” o cose simili. Se fossero vere e sincere, vorrebbe dire che non abbiamo ancora capito cosa abbiamo sbagliato dal 1990 in poi.