Appunti per leggere il voto referendario a Milano

A Milano vince il Sì, ma meno che nel resto d’Italia. Nel Municipio 1 prevale nettamente il No, nei quartieri popolari dilaga il Sì. Quale messaggio trarne? Come fare tesoro di questo risultato in vista del 2021?

Il referendum aveva un risultato scontato, la vittoria del Sì, e non ci sono state sorprese. Forse i sette milioni e mezzo di voti per il No sono un po’ di più di quanti ci si potesse aspettare, ma resta in ogni caso un’affermazione netta del fronte favorevole al taglio del numero dei parlamentari. Questa riforma, se così possiamo chiamarla, ha origini lontane, ha radici nell’ondata di antipolitica nata con Mani Pulite e proseguita per tutto il corso degli anni Novanta, sino alla sua massima espressione dopo il 2006 con la definizione del concetto di “casta” ad opera degli editorialisti del Corriere della Sera e la sua matura espressione partitica nel Movimento Cinque Stelle. Un partito che, a distanza di anni, pur mostrando la corda in termini di risultati elettorali ancora influenza potentemente il dibattito pubblico e costruisce egemonie culturali, al punto che i principali “tagli” operati in questi anni nei confronti della classe politica portano tutti la firma del centrosinistra: dall’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti con Letta sino all’abolizione delle cariche elettive nelle Provincie con Renzi, la campagna “vuoi diminuire il numero dei politici? Basta un sì” voluta da Renzi nel referendum del 2016 e il pieno supporto del PD di Zingaretti a questo taglio.

Milano è diversa? In parte. A Milano nel 2016 aveva prevalso, di poco, il Sì a fronte di un netto voto contrario alla riforma Boschi a livello nazionale. Oggi a Milano vince nuovamente il Sì, ma con un risultato più equilibrato rispetto al 70-30 nazionale: 56 a 44. Il risultato non è omogeneo nei quartieri, infatti nel centralissimo Municipio 1 prevale addirittura il No, e con una larga affermazione (56,5%), mentre nei quartieri popolari il Sì dilaga: nel Municipio 9, di cui fanno parte Niguarda, Affori e Comasina, il Sì ottiene il 60,4%, risultato simile per il Municipio 8 di Quarto Oggiaro (Sì al 59%) e per il Municipio 7 di San Siro (Sì al 58,9%). Nel Municipio 3 di Città Studi e Porta Venezia, invece, il Sì prevale con appena il 50,7%.

Cosa ci dicono, davvero, questi dati? Nei quartieri popolari i voti a favore del taglio dei parlamentari aumentano nettamente. Premesso che questa scelta non si vede come possa aiutare le fasce di popolazione più economicamente fragili, dato che a essere tagliata è anche un pezzo della loro voce, sicuramente possiamo dire che tra i ceti più disillusi e arrabbiati l’antipolitica ha attecchito maggiormente. Non si vuole generalizzare e in entrambi gli schieramenti referendari vi erano posizioni e ragionamenti non populisti, ma è un dato di fatto che il quesito fosse molto netto e il senso della riforma fosse sostanzialmente anti-politico. Chi vuole vincere le elezioni di Milano nel 2021 deve tenere a mente questi numeri: il 56% di Sì al referendum strutturato con una netta prevalenza nei quartieri periferici che sovverte l’altrettanto netta affermazione del No nel centro della città.  Non c’è una correlazione diretta tra il No e il voto alla sinistra o tra il Sì e il voto a destra e M5S, anche perché il PD a livello nazionale ha apertamente sostenuto la riforma e la campagna per il Sì. Quello che però bisogna tenere ben presente è che la campagna per il No a Milano ha visto protagonisti molti esponenti di spicco della politica locale di entrambi gli schieramenti, mentre per il Sì si è speso praticamente solo il Movimento Cinque Stelle, un partito che a Milano è storicamente molto debole. Questo vuol dire che il voto è stato pre-politico: gli elettori si sono mossi del tutto liberamente rispetto alle indicazioni di partito, e il Sì ha vinto grazie alla sua fortissima presa tra i quartieri periferici e popolari. Il prossimo Sindaco di Milano dovrà necessariamente passare per una buona affermazione in quei quartieri, perché mai come in questo referendum hanno fatto sentire tutto il proprio peso demografico, elettorale e politico.