Provenzano e Gori: due ricette diverse per “ripartire”

Il Partito Democratico è grande e articolato e sa anche esprimere accenti diversi. Questo può essere un punto di forza, anche perché ovviamente, “il Sud non è il Nord”. Fra le iniziative di questo settembre, un dibattito a Lampugnano ha visto appunto il confronto fra il ministro del Sud e il sindaco di Bergamo

Gori ha indicato una priorità per la politica del PD: attenzione e sostegno al lavoro, ai ceti produttivi e innovativi, in contrapposizione a scelte in ottica difensiva e assistenziale, che, senza dirlo esplicitamente, attribuiva agli alleati 5 stelle. Ma i ceti innovativi, egli dice, sono di fatto soprattutto al centro nord. Perciò pur criticando l’autonomia finanziaria regionale come richiesta da Zaia e Maroni, ha difeso come corretta la scelta sua e di altri sindaci di sostenere il Sì al referendum consultivo del 2017, anche perché “lo volevano i cittadini lombardi”. Al netto dei disastri della gestione Fontana Maroni, la sanità lombarda, Gori ha affermato, è comunque migliore di come sarebbe se fosse rimasta in carico allo stato centrale. Le evidenti criticità emerse durante la pandemia possono essere superate, attribuendo al governo centrale una “clausola di supremazia” nei periodi di emergenza. Anche la riforma del titolo V, votata nel 2001, mantiene la sua validità, a parere del sindaco, perché avvicina il punto di decisione al livello nel quale nascono i bisogni e le esigenze. Critica il provvedimento di decontribuzione dei contratti di lavoro al Sud, perché (come ha scritto Giavazzi sul Corriere), incentiverebbe il sistema produttivo a voler competere con la compressione dei costi, invece che investendo in education, innovazione, ecc (esempio della Corea). Invece occorrerebbe “premiare i punti forti”, le eccellenze industriali (Sud o Nord che siano) per la loro possibile funzione di traino.

Per il ministro, invece, occorre rafforzare la capacità operativa della Stato centrale. La pandemia ha dimostrato che l’autodeterminazione delle Regioni nella sanità è stata uno dei punti deboli della nostra risposta. Per di più, spesso le Regioni peccano a loro volta di centralismo e soffocano l’autonomia dei Comuni. Del resto, la produttività del sistema Italia declina continuamente da quando sono state istituite le Regioni, e forse non è un fatto casuale. Ma ci vuole anche più protagonismo della società: il Terzo settore è punto di forza del paese, deve essere incentivato e sorretto. E l’autonomia differenziata si può anche fare, ma a partire dall’assicurare a tutti i LEA (livelli essenziali di assistenza) e i LESS ( l. e. di servizi sociali). La decontribuzione e i provvedimenti contro la povertà (RdC) sono stati fondamentali per contrastare la voragine sociale che potrebbe sorgere dalla pandemia. La decontribuzione non è assolutamente in alternativa all’innovazione, ma non tutta l’innovazione è buona innovazione (P. non ha fatto esempi, ma non io ho difficoltà ad individuare un tipo di innovazione “cattiva nei suoi effetti”). Serve anche ad innalzare i livelli di attività femminile, oggi molto bassi, che ci penalizzano. L’inadeguatezza delle élites del Sud (vera) non può essere usata come alibi per il disinteresse dello Stato.

Per il futuro, sindaco e ministro hanno concordemente indicato le potenzialità logistiche del nostro Sud. Ma i rapporti entro il Governo sono stati il punto di divergenza più forte. Gori ha chiesto che il partito si faccia carico di una posizione più rigida e netta verso gli alleati 5S, Provenzano ha rivendicato invece il paziente lavoro di mediazione (es. verso Vito Crimi) che ci ha permesso di smussare molte difficoltà e ottenere molti risultati.

Entrambi bravi, Provenzano mi ha convinto di più. Restano comunque alcuni temi che non ho avuto al possibilità di proporre alla discussione:

  • La barriera fra poli di sviluppo e aree tagliate fuori  non possiamo più immaginarla rigidamente lungo confini di Regione. C’è un Nord che rischia anch’esso di essere lasciato indietro (tema sfiorato, ma non approfondito).
  • Gli svantaggi del Sud, lungi dall’essere questione di “lavoratori sul divano”, come pensano i “vivaisti”, derivano almeno in parte dalla posizione eccentrica delle nostre Regioni meridionali rispetto al complesso del mercato europeo. Compensare questo svantaggio è giusto e anche funzionale all’economia italiana nel suo complesso
  • Per riattivare il Sud, occorrerebbe che si sviluppasse l’altra sponda del Mediterraneo. Siamo disposti ad investire sulla crescita di Albania, Montenegro, Grecia, Cipro, Libia, Tunisia, Algeria? E’ questione di risorse economiche e anche di visone in politica estera, autonoma rispetto al “consensus” europeo.