Il Modello Milano alla prova dei fatti

È inutile offendersi, i critici hanno molte ragioni: due modi sbagliati di pensare Milano.

Bisogna fare chiarezza, perché sotto il concetto vago di “modello Milano” si sono fatte passare nel tempo almeno tre cose che non devono essere confuse.

L’espressione si è diffusa al tempo dell’elezione di Pisapia e aveva inizialmente un senso politico, quasi “politichese”. Voleva dire un progetto inclusivo di governo della città, al quale dovevano concorrere tutte le energie civiche disponibili a partecipare, senza gerarchie predefinite (almeno come principio …) né steccati a sinistra. Era una grande e bella innovazione, quando il centrosinistra nazionale parlava ancora di autosufficienza – purtroppo siamo riusciti a dimenticarcene alle comunali 2016 (primo turno), e ci è costata la vittoria in diverse zone, e, peggio, alle regionali del 2018, e non abbiamo limitato le dimensioni della sconfitta. [Naturalmente, le colpe non sono state tutte da una parte sola].

Oggi però prevalgono due interpretazioni diverse, promosse da altri gruppi di opinione. Definirei la prima di “autonomismo municipalista”. Il comune di Milano, si dice, ha una grande tradizione, si richiamano i grandi sindaci del passato, si rifiutano i vincoli dei grandi partiti nazionali preferendo esperienze di civismo locale. Il non detto è la autorappresentazione di una società locale esente dalle incompetenze e inefficienze della nazione nel suo complesso. Sulla “miglior qualità” della società locale mi pare inutile controbattere; abbiamo storie di illegalità diffusa che parlano a sufficienza.
Però si dice anche “Il XXI secolo sarà il secolo delle città”, come se fosse concepibile un tessuto territoriale fatto come una rete di pochi grandi nodi interconnessi. Si è arrivati persino a coniare lo slogan: “Milano città stato”. Rispetto a questo, trascuriamo pure le tristi storie del coronavirus, quando abbiamo dovuto trasferire persino le salme. Restiamo a cose più tradizionali come la qualità dell’aria: Milano comune combatte, agisce, limita il traffico …. e la battaglia si vince solo a metà. Pare addirittura che, durante questo periodo di lockdown, i livelli di PM 10 non siano di fatto sces,i per l’assoluta predominanza dei fattori meteorologici estesi a tutta la pianura. E noi pensiamo di combattere l’inquinamento con provvedimenti comunali?

Ma l’autonomismo municipale è visione di miei anziani coetanei. Una classe dirigente più giovane e rampante, invece, ha come propria ideologia “Milano che è già oltre”, Milano unica città europea d’Italia, che si è lasciata alle spalle la manifattura, che è centrata sulla finanza innovativa e sul software. La Milano delle insopportabili startup e della moda, che guarda a New York e ancor più alla California. Le fabbriche? Ferri vecchi. I partiti? Rottami del ‘900. La solidarietà? Lasciamola al volontariato coordinato dalle parrocchie, noi pensiamo ad altro, più cool, più smart. Non ci importa nulla di Caltanissetta ma neanche di Inzago (e infatti poche cose appaiono artificiali come la nostra città metropolitana, il cui sindaco credo le abbia dedicato ben poche ore).

E quando qualcuno ci fa notare questo nostro atteggiamento, in fondo così lontano dall’inclusività della Milano del’900, subito siamo pronti a dargli sulla voce, a dirgli che siamo più bravi. Quando Provenzano ha osato dire che Milano attrae ma restituisce ben poco, il sindaco di Milano gli ha risposto indicandogli l’eccellenza delle municipalizzate milanesi, che l’Italia avrebbe potuto prendere ad esempio per imparare. È un esempio interessante, perché Sala muoveva da fatti veri (efficienza operativa) ma rimuoveva altri fatti che sono pur veri: qualche mese prima personaggi di AMSA erano stati arrestati per sospetto di tangenti e turbativa d’asta, e mi fermo a questo esempio.
Pochi giorni orsono un articolo di Roberto Saviano (che per la verità contiene due valutazioni davvero sbagliate) è stato vissuto come un’offesa alla nostra operosità. Eppure, la tesi generale (atmosfera lombarda troppo orientata al business, a discapito degli altri valori umani) mi pare centratissima. Saremo capaci di ammetterlo, come adulti? Saremo capaci di non scandalizzarci se qualcun afferma che, per la formazione di una persona, leggere Esiodo può essere importante quanto capire la blockchain?