Dopo la pandemia una città diversa, oltre la divisione “centro – periferia”

Quello che stiamo attraversando è un dramma che colpisce le nostre famiglie, separa i nostri affetti e mette in discussione il nostro modo di vivere nella società e dentro le nostre comunità. Ma la pandemia può e deve essere anche l’occasione per ridefinire la nostra visione della città e con essa del lavoro, dei servizi, degli spazi urbani e dell’organizzazione del tempo libero.

In tutta Europa il ruolo della città è al centro di riflessioni e analisi: se, come è peraltro auspicabile, le forme del lavoro renderanno più stabile, regolamentato e strutturale l’impiego di forme di “smart working”, il ripensamento delle funzioni urbane, del sistema dei trasporti pubblici e privati, le dinamiche della città subiranno un cambiamento sempre più radicale. Del resto, che non fosse sostenibile sul medio e lungo periodo un continuo accentramento delle funzioni, con spostamenti quotidiani di centinaia di migliaia di lavoratori da e verso i “centri” era cosa risaputa, e la pandemia non fa che presentare il conto di uno squilibrio già in essere. 

Nasce da qui la riflessione, anche a Milano, sulla “città dei 15 minuti”: una città nella quale ogni cittadino possa raggiungere in poco temo e a poca distanza, a piedi o in bicicletta, i servizi pubblici, il posto di lavoro, i luoghi di aggregazione, i presidii culturali. Questa è una visione di città non soltanto basata sulla sostenibilità ambientale e sociale, ma autenticamente “metropolitana”: il futuro è policentrico, e ogni comunità acquisisce un valore sociale e territoriale. 

Può essere questa pandemia una grande occasione per superare, finalmente, la vecchia distinzione tra “centro” e “periferia”? Io credo proprio di sì, restituendo finalmente dignità ai quartieri e ai comuni metropolitani. Per farlo, serve una strategia che accompagni questo processo con una seria pianificazione pubblica verso il decentramento dei servizi. A Milano questo processo è già in atto: penso alla ricollocazione al Corvetto degli uffici comunali, al forte investimento sulla riqualificazione delle piazze nei quartieri, al ripensamento per “distretti” del sistema museale, alla ridefinizione di una mobilità cittadina all’insegna delle piste ciclabili – oltre che, naturalmente, del potenziamento del trasporto pubblico grazie alla nuova M4 e al prolungamento delle altre linee – o al supporto che il Comune ha voluto dare al settore della ristorazione e del commercio con delle regole più flessibili sulla collocazione di tavolini e dehors leggeri nelle strade e che, nei mesi estivi, in poche settimane ha cambiato il volto dei nostri quartieri e fatto riscoprire ai milanesi il piacere di viverli senza più doversi spostare nelle abituali zone di movida serale. 

Le trasformazioni, quando sono radicali, causano sicuramente grandi difficoltà. Ci vorrà del tempo per coglierne l’autentica portata, serviranno misure di sostegno a quelle realtà che subiranno in negativo le prime conseguenze. Ma la prospettiva è quella di una città equa e sostenibile, più vicina alle esigenze dei cittadini, meno congestionata e complessivamente più viva e vitale. Dopo questo anno drammatico abbiamo veramente bisogno di coltivare visioni, prospettive e fiducia nel futuro, e questa è una strada che può restituirci una città all’altezza delle necessità delle persone.