Dopo Giulia. Una riflessione a due voci, femminile e maschile

Il patriarcato è il contesto sociale e culturale che genera il femminicidio e che dobbiamo affrontare insieme, donne e uomini, per un sostanziale cambio di paradigma che investa tutti i campi della società.
Articolo di Francesca Zanasi e Francesco Francioso.

Il patriarcato e la società italiana: qualcosa sta cambiando?

Francesca: Il femminicidio di Giulia Cecchettin, uccisa dal fidanzato che aveva lasciato, ha impattato profondamente sull’opinione pubblica.

La giovane età, la barbarie della situazione, gli audio sull’apprensione per la fragilità di lui, i fatti successivi alla sparizione, tutto ha contribuito a creare empatia emotiva nella gente, così come la certezza raggelante tra le donne che il copione, viste le premesse, fosse già scritto.

Quello che però ha cambiato letteralmente tutto, buttando finalmente nell’agone comunicativo un dibattito troppo a lungo celato ma sempre più necessario nella nostra società, è stato il discorso lucido e consapevole della sorella Elena, in cui il privato diventa finalmente cifra politica e ci riguarda tutte e tutti. Direttamente. Senza sconti. Con una forza e una autenticità che solo alcune intellettuali femministe prima di Elena avevano saputo fare. Penso a Michela Murgia, ma non solo. L’ intervento di Elena è dirompente e tocca la corda tesa del patriarcato.

La parola “patriarcato”, cioè il sistema di dominio maschile sulle donne in tutte le sue forme, fa ancora paura, è considerato destabilizzante, pericolosa, gli uomini di tutti i ceti sociali si sentono in dovere di minimizzare, dire che no i tempi sono passati, non c’è più questa oppressione atavica, le donne sono libere, hanno raggiunto tanti traguardi, l’uguaglianza è quasi ottenuta.

Elena ha smascherato, nel suo discorso femminista, queste ipocrisie a nome di tutte le donne: “Turetta non è un mostro, è il figlio sano del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza, ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura”.

Sta parlando del patriarcato, la chiamata è diretta agli uomini, perché questo è il contesto da cui nasce il femminicidio, contesto in cui donne e uomini siamo immersi e che dobbiamo affrontare insieme per un sostanziale cambio di paradigma che investa tutti i campi della società, attraverso la prevenzione a scuola a tutti i livelli, la formazione delle forze dell’ordine, della magistratura e degli operatori sociali e sanitari e la repressione efficace dei reati.  Il cammino non sarà breve ma deve cominciare. Danno speranza in questo senso le grandi piazze del 25 novembre da nord a sud, piene di giovani donne e giovani uomini ma anche di padri, nonni, maschi che dicono basta alla cultura di dominio maschile sulle donne. E fanno rumore.

La violenza nell’immaginario maschile e il ruolo dei mass media

Francesco:

Tutte le principali ricerche sul tema ci dicono che gli uomini che commettono violenza sulle donne sono apparentemente “normali”, nel senso che appartengono a tutti gli strati sociali e culturali. L’elemento unificante è costituito dal fatto di ritenere perfettamente legittimo l’esercizio della violenza per assoggettare la partner ai propri voleri. Quest’aspetto della presunta “normalità” mi induce ad una riflessione ulteriore sulla presenza della violenza nell’immaginario maschile. L’uomo, fin dalla sua infanzia, viene educato all’interno di una cultura che legittima e riconosce l’uso della violenza come “risorsa sociale” necessaria per la costruzione della propria identità di genere. Gli uomini, con maggiore frequenza rispetto alle donne, sono preparati a considerare la violenza parte della propria vita, sia come autori che come vittime. Nel linguaggio televisivo e culturale l’immagine maschile è spesso associata al tema della forza e alla competizione anche fisica. La violenza diventa, quindi, lo strumento per l’affermazione del proprio potere nella relazione sentimentale, quando questa si ritiene venga messa in discussione dal proprio partner.

Io credo che qualunque discorso sul che fare, debba necessariamente partire da questo dato. Se vogliamo sradicare la violenza di genere dobbiamo intervenire profondamente sulla cultura della nostra società. È fondamentale il messaggio educativo che trasmettiamo ai bambini fin dalla loro prima infanzia: sulla parità di genere e sulle pari opportunità. I media poi potrebbero giocare un ruolo molto importante, a condizione di dismettere l’attuale impostazione sensazionalistica su cui si basa il business informativo in generale e anche nella specifica trattazione dei fatti di violenza di genere, che oggi, spesso, risente di pesanti stereotipi sessisti. Credo che una sollecitazione importante, anche di tipo formativo, debba essere praticata nei confronti degli operatori del settore, la sensibilità sul tema non basta, infatti, è necessario studiare ed essere preparati per utilizzare un linguaggio non discriminante nei confronti del genere. Inoltre, i mass media possono fare molto anche nella sensibilizzazione della politica, incalzando i leader politici a prendere posizione sul tema del genere e sui fatti specifici di violenza. Sarebbe un’ottima occasione per fare del buon giornalismo elevando il livello del dibattito pubblico nel paese (che attualmente è piuttosto basso).