Legalità e Giustizia nella politica e nel partito

Ogni giorno dobbiamo reagire a nuove indagini, scandali, arresti. E’ certo, però, che non tutto ciò che è illegale è immorale, non tutto ciò che è riprovevole è illegale. Per quanto suoni sorprendente questa affermazione, riflettendoci ci apparirà ovvia.

Ci sono perciò due sistemi di valutazione, basato l’uno sulla corrispondenza di un fatto con un corpo di leggi codificate, l’altro sul confronto con un insieme di valori di riferimento per colui che giudica.

Ma chi ha titolo per giudicare? Nel primo caso, la magistratura. Nel secondo, ogni singolo, ogni comunità di valori, l’opinione pubblica. E, fra le comunità di valori, certamente il partito (qualunque partito), se è una comunità di valori condivisi oltre che essere uno strumento organizzativo. In magistratura, il giudizio può portare ad una pronuncia di condanna legale, nel partito alla sanzione stabilita per i comportamenti negativi (decadenza dagli incarichi, espulsione). I due giudizi sono logicamente indipendenti. In tutto questo non hanno nessuna rilevanza considerazioni di opportunità politica: un movimento che crede nei propri valori non può lasciarsi sviare da situazioni contingenti.

Nel 1949 i contadini calabresi, occupando le terre incolte dei latifondi, commisero certamente un’illegalità. Ci sentiamo di condannarli? I picchetti degli scioperanti sono certamente illegali. Il cardinale Krajewski, per aver riattaccato la luce a un palazzo occupato, è inquisito dalla magistratura. Ha fatto male? D’altra parte, molti fra gli implicati in processi contro la pubblica amministrazione vengono assolti perché le loro azioni, certamente scorrette, non possono essere inquadrate in una violazione di legge specifica. Addirittura il Presidente Leone dimostrò la sua abilità di avvocato facendo assolvere un sicuro assassino: una coppia aveva certamente ucciso la vittima, i due si accusarono reciprocamente. Chi era il colpevole e chi l’innocente? La magistratura mandò liberi entrambi.

Se i due giudizi sono indipendenti, le dichiarazioni tipo “il partito attende fiducioso il giudizio della magistratura” sono semplicemente sbagliate.  Sbagliate,  a voler essere benevoli: altri potrebbe dire furbesche, ipocrite, ecc. Il partito deve dire la sua, da un punto di vista etico e politico. Da liberaldemocratico, inorridisco all’idea di un giudizio etico emesso da un organo dello Stato. Ma il partito, la comunità, non è lo Stato: la Chiesa ha tutto il diritto di giudicare immorali una moltitudine di comportamenti che altri non condannano, anzi praticano e approvano con calore. Così mi aspetto che il mio partito isoli un professore universitario che forza il risultato di un concorso, anche se non si riuscisse a dimostrare la violazione di una legge scritta. Ed è perfettamente legale sostenere che si debba togliere ai poveri per dare ai ricchi, ma, se lo facesse uno dei nostri, vorrei che venisse allontanato.

Perciò la politica, il partito, deve avere la capacità di dare giudizi indipendenti e sostenerli di fronte all’opinione pubblica. Per farlo in modo non arbitrario, serve prima di tutto un testo di riferimento: un codice etico ed un manifesto dei valori politici. Il PD li ha, io mi permetto di trovarli fastidiosamente generici, “ma anchisti” … (non tutte le colpe risalgono all’era di Renzi, purtroppo). Poi servono giudici severi ed imparziali e velocità di giudizio. Ritengo che ci voglia una radicale riforma dei collegi dei garanti e avanzo alcune proposte di massima:

  • selezione dei garanti provinciali (e superiori) per sorteggio in un albo composto da chi ha ricoperto in passato incarichi di un certo livello, pubblici o di partito
  • collegio della provincia X composto a partire dall’albo di una provincia vicina, con un meccanismo analogo a quello che si applica per i magistrati
  • composizione speciale per il collegio nazionale
  • obbligo per il collegio di emettere un giudizio entro 72 ore da qualunque notizia di irregolarità
  • entro questo “intervallo di silenzio” sia fatto rigoroso divieto a qualunque iscritto di comunicare coi garanti, salvo loro formale richiesta.
  • entro l’intervallo di silenzio, chi ha visibilità pubblica potrà dichiarare solamente: “mi rimetto al giudizio del partito, che sarà emesso lunedì alle ore 17”. 
  • abolizione dei garanti di circolo

Solo così l’opinione pubblica (esterna ed interna) potrà riconoscere ai nostri giudizi serietà ed autorevolezza. Libero poi chiunque di concordare o discordare, ma non di sorriderne.