Continuare a votare produce una distorsione della politica

Votare è la base della democrazia ma non si può non vedere che continuare a votare produce una distorsione della politica e del funzionamento delle istituzioni. Il principio è ineccepibile e fuori discussione: votare è l’esercizio di una libertà essenziale, …

… è lo strumento tanto del giudizio quanto della scelta (degli indirizzi, della rappresentanza), senza i quali la democrazia sarebbe debole e parziale, quasi inesistente.
Da questo punto in avanti nascono i problemi.
Se il voto ha questa importanza, è necessario che venga esercitato nelle migliori condizioni di chiarezza, senza le quali il voto è nella sostanza meno libero. Quando ogni voto diventa l’occasione per la rivincita, magari a brevissima scadenza; quando il voto per un comune (o anche per decine di comuni) viene vissuto e praticato come verifica degli indirizzi del governo nazionale; quando tutto questo succede e si mescola, evaporano il significato specifico e perfino la utilità del concreto oggetto della consultazione elettorale.
La moltiplicazione delle scadenze elettorali all’interno del medesimo anno (se ne scelga uno a caso, il risultato è costante) determinano una tensione permanente, una provvisorietà nella azione politica e di governo, sotto la torsione degli interessi elettorali a breve, per non correre il rischio di ottenere risultati controproducenti e con evidenti effetti di rigonfiamento della spesa pubblica. Non da ultimo, la stessa vita dei partiti e l’impegno dei singoli in essi sono sempre più e solo determinati dall’ansia di elezione. Negli Stati Uniti il giorno dopo le elezioni (Camera, Senato, Governatore, Presidente) inizia la campagna di raccolta fondi per l’elezione successiva: non siamo  così lontani.
Aggiungiamo la permanente ansia da sondaggio: un  conto è conoscere gli orientamenti della opinione pubblica, ben altro è diventare completamente succubi delle rilevazioni settimanali! Ma lasciamo ad altra occasione il compito di approfondire il tema della politica che guida o è guidata.

E’ possibile intervenire per evitare l’ormai patologico ricorrere di scadenze elettorali ogni anno e più volte all’anno. Intanto pare indispensabile una norma che concentri in una unica occasione annuale tutte le scadenze elettorali previste, indipendentemente dagli enti interessati: ne deriverebbe un forte effetto di semplificazione della dialettica politica, di qualificazione della importanza di quelle stesse scadenze, di semplificazione del calendario civile (si pensi alla chiusura delle scuole) ed anche di riduzione di spesa pubblica. Ma questa è la parte più facile della questione.>
Una seconda strada da percorrere è correggere le leggi elettorali di regioni e comuni. Si possono prevedere due possibilità: la prima, tenendo ferma la scelta della elezione diretta di presidenti e sindaci, può essere quella di stabilire che in caso di dimissioni, decesso o altro impedimento preclusivo, subentra automaticamente il vice, la cui fonte di legittimazione può derivare dalla indicazione esplicita durante la elezione (il cosiddetto ticket) e dalla evidente continuità della formula politico-programmatica determinata dal voto popolare. Si può pensare ad una strada diversa, per salvare il principio della elezione diretta: venuto meno il mandato dell’eletto, prosegue fino al completamento del mandato consiliare una amministrazione commissariale per i poteri di sindaco-presidente e giunta, senza far decadere il consiglio: il vantaggio consisterebbe nel tagliare fuori tutti i comportamenti opportunistici (di cui abbiamo così tante evidenze) e di dare una risposta evidentemente eccezionale ad una situazione altrettanto eccezionale (es. il decesso dell’eletto). Si tenga conto che non c‘è alcuna evidenza che le gestioni commissariali siano meno efficienti, anzi, e i principi democratici sarebbero tutelati dalla permanenza in carica dei rispettivi consigli.
La seconda possibilità è del tutto diversa ed implica il ritorno ad un sistema di elezione di presidenti e sindaci nel seno dei rispettivi consigli. Cambiare strada rispetto alla elezione diretta produrrebbe effetti di sistema assai più ampi e – per quanti mi riguarda – del tutto auspicabili, a partire dal superamento della personalizzazione esasperata di cui stiamo soffrendo da troppo tempo e dal recupero, del tutto evidente, della funzione autonoma di formazioni politiche non episodiche e non personalistiche. Una clausola di sfiducia costruttiva assicurerebbe la stabilità dei governi ed anche il loro ricambio ove richiesto da evenienze non prevedibili.
Risanare il sistema istituzionale dei suoi aspetti patologici richiede trasformazioni consistenti: è il prezzo che si deve pagare a troppi anni di improvvisazioni e di derive incontrollate per insipienza.

1 thought on “Continuare a votare produce una distorsione della politica

  1. Contributo alla discussione di Angelo Vitali

    Etica, sobrietà e programmi
    Siamo nelle vicinanze delle elezioni europee e credo sia il momento migliore di parlare di etica.
    Dopo le elezioni si commenteranno (per una settimana?) le stesse con i soliti parametri: chi ha vinto, chi ha perso, chi poteva fare di più, se i sondaggi hanno colto il cambiamento aiutati da sondaggi che svelano i flussi elettorali. Quasi mai si studia chi non va a votare. Giusto: chi non vota, non decide. Ma perché alcuni (tanti, pochi) non partecipano e non esercitano il loro diritto e dovere di votare? La parola etica, e sobrietà, in questi momenti in Italia, è indicata, e utilizzata, come sostitutiva di moralista. È giusto. Ma dal mio punto di vista è solo un aspetto del problema. e in Italia qualche volta questa sostituzione dei termini porta ad un punto di vista che potrei definire “bigotto”. Ma i termini di etica, e di sobrietà, sarebbero da porre come punti di partenza di qualsiasi programma. Quando si parla, correttamente, dei grandi rischi che la penisola italica corre e dei progetti che servirebbero per risolvere questi problemi si dimentica che è anche l’atteggiamento di chi ha responsabilità, di governo o di opposizione, che aiuta, o meno, a comprendere gli stessi aspetti di programma. Un esempio: parliamo di fisco. Partendo dal positivo lavoro che da tempo era stato messo in campo dal ministro Professor Visco, era il 2006, in merito all’utilizzo della tecnologia telematica in termini di controllo e di verifica sulla evasione (sui giornali specializzati si indica in 600 milioni l’iva recuperata in questi primi 4 mesi di fatturazione elettronica), si può ragionare su imposte dirette, indirette, legate al territorio (quindi da “spendere” sul quel territorio) e tanto altro ancora. Ma è indubbio che se ulteriori idee possono essere studiate, tutto risulta contaminato da un pensiero: ma possiamo fidarci di chi fa queste proposte? Pensiero di pancia sicuramente ma che in questa fase non può essere sottovalutato. Quindi: aspetti di programma importanti, e qualche riflessione la scriverò ancora, diventano vincenti anche grazie alla serietà etica e sobrietà, di chi li propone. Sempre che non si voglia far vincere la “pancia” (che modo brutto di indicare la mancanza di studio)

Comments are closed.