Terre lontane: Dokdo, Takeshima o Rocce di Liancourt?

Due Stati politicamente allineati, due regimi parlamentari. Due rocce disabitate a centinaia di chilometri dalla costa più vicina. Vecchie pergamene che possono essere lette in mille modi. Vi pare materia per un confronto e scontro serio? Eppure, nel 1952 – 1954, pescatori giapponesi sono morti sotto colpi sudcoreani e la lite continua fino ad oggi.

[Informazioni da: Geopolitica.info https://www.geopolitica.info/la-diatriba-tra-corea-e-giappone-sulle-rocce-di-liancourt/ – lo Spiegone https://lospiegone.com/2020/03/11/rocce-di-liancourt-dokdo-o-takeshima-la-disputa-eterna-tra-corea-e-giappone/ e il Post https://www.ilpost.it/2012/08/10/giappone-e-corea-del-sud-litigano-per-le-isole/]

Nel 1854 la baleniera francese Liancourt evitò a fatica di sfasciarsi su una roccia sconosciuta nel mar del Giappone. Da allora, con eurocentrismo caratteristico, per l’Occidente sono “le Rocce di Liancourt”. In realtà, da secoli i Coreani le chiamavano Dokdo (Isole Solitarie) e i giapponesi Takeshima (Isole dei bambù). Quasi impossibile stabilire chi le occupasse nel passato: gli archivi dei musei, a Tokio e a Seoul, contengono testi diversi, con nomi che non corrispondono mai – entrambi i paesi hanno attraversato, nel passato, periodo di completa chiusura ed introflessione, nei quali agli abitanti era vietato uscire dal paese, pena la morte (ma le Liancourt erano “patria” o “resto del mondo”?).

Fra il 1910 ed il ’45, il Giappone annesse la Corea e la trattò come una colonia, anzi peggio, vietando addirittura l’uso del coreano nelle scuole. Dopo Hiroshima, dovette rinunciare a tutto, per un certo periodo persino alle Ryu Kyu di Okinawa. Molte isole intermedie furono assegnate alla Corea nei trattati. Ma gli americani (Dean Rusk) non vollero citare le Liancourt: contavano infatti di usarle come punto d’appoggio per la guerra di Corea e poi per il confronto muscolare con l’Unione Sovietica.

A metà degli anni ’50 il dittatore della Corea del Sud, con una specie di colpo di mano (“linea di pace Syngman Rhee”), le fece occupare, ci fece costruire un molo ed un faro, ci mise una piccola guarnigione, cacciò via i pescherecci giapponesi. Oggi i coreani possono vantare persino due abitanti civili, una coppia di anziani pescatori (che credo conservino come un prezioso vaso antico, finché durano). Il Giappone è rimasto con nulla in mano e tre volte ha chiesto l’intervento di una Corte internazionale, il SudCorea, sia governato da dittature che nei periodi di democrazia, ha risposto un chiaro e tondo NO.

Intanto entrambi gli stati hanno decretato che le Liancourt[i] fanno parte di questa o quella provincia della madrepatria (Shimane per i giapponesi, Ulleungdo per i Coreani), molti nazionalisti delle due parti hanno stabilito la propria fittizia residenza sulle isole. In Giappone hanno decretato il “Takeshima day”, i coreani nazionalisti vanno a visitarle intonando inni patriottici (più di 170.000 nel 2019). Quando c’è andato un primo ministro di Seoul, i giapponesi si sono seccati, e hanno richiamato l’ambasciatore ( nientemeno !).

In America, l’interpretazione materialista prevale: i due stati litigherebbero per questioni di pesce e di gas naturale, che forse c’è nei fondali intorno alle rocce (in molti casi, gli statunitensi sono un po’ grossolani nel leggere il mondo). Da lontano sembra proprio che non sia così: molto di più contano i ricordi del ‘900, la volontà di riaffermare la propria identità nazionale, il rancore storico fra dominatori e dominati. In Giappone molti rifiutano di consumare riso coreano: “il riso coreano puzza!”.


[i] Meglio utilizzare un sicuro errore neutrale, che scegliere quale degli altri due nomi sia “quello giusto”.