Immaginare il futuro

Vivere la politica nel presente e operare sul presente, è naturale, istintivo e anche giusto, ma immaginare il futuro è per tutti un dovere intellettuale perché solo l’aspirazione ad un ideale di futuro può contribuire perché accada ciò che immaginiamo essere giusto.
Il mio è un invito perché sempre di più la gestione del contingente politico metta in luce le nostre ispirazioni ideali e il futuro che vorremmo realizzare.

Un contributo di Maurizio Leva

I centri di ricerca sparsi nel mondo da Hyderabad a San Francisco, al CERN piuttosto che nelle università cinesi, tedesche, americane o italiane, riserveranno sorprese future che nessuno di noi riesce nemmeno ad immaginare, come nel dopoguerra forse si pensava alle automobili volanti o alla cura definitiva dal cancro (nessuna delle due realizzata) ma non certo ad un piccolo schermo che avremmo avuto sempre nelle nostre tasche, che avremmo strisciato con un dito e dentro il quale sarebbero state racchiuse informazioni infinite nonché la possibilità di contattare in video chiamata chiunque ed in ogni momento in qualunque parte del mondo. E pure vedere la partita del Milan in diretta e a colori, anche sul tram. Ma non intendo in questo immaginare il futuro.


Gli sviluppi tecnici e tecnologici non entrano nell’immaginazione del futuro a cui penso perché forse non prevedibili, ma rientrano piuttosto i fondamentali base della vita “reale” delle persone.
Sono questi fondamentali quelli a cui mi riferisco nell’immaginare il futuro.
Il lavoro, e il tempo libero come suo duale, la salute intesa anche come stile di vita, la scuola intesa come conoscenza a tutto tondo, la mobilità intesa come spostamenti fisici e la mobilità sociale intesa come crescita dell’individuo, le relazioni tra le persone ed i diritti del singolo nella società, la libertà di esprimersi e di decidere della propria esistenza dal concepimento dei figli al fine vita ineluttabile. Questi sono gli aspetti concreti della vita che, vissuti nell’oggi, siamo chiamati a immaginare nel futuro.

La militanza politica si occupa del presente e quindi dei problemi dell’oggi spesso drammatici, non si discute, ma per poter smuovere la coscienza “dell’altro” occorre a mio parere poter anche immaginare e proporre un futuro.
La realtà delle condizioni di vita dell’essere umano sul globo terrestre certifica disuguaglianze straordinarie e immaginare il futuro impone di pensare a come fare in modo che queste diseguaglianze vengano ridotte perché ridurle è anche un modo perché i conflitti si possano almeno idealmente mitigare.

L’opinione pubblica in ogni momento di confronto sui problemi dell’oggi dovrebbe essere parallelamente sensibilizzata sugli effetti a lungo termine delle decisioni contingenti. Sempre.
Certamente chi si pone in quest’ottica dovrà subire la condizione di chi rema controcorrente perché cambiare l’esistente può essere faticoso. Ma ne vale la pena. Perché il futuro viene da solo ma le decisioni di oggi inevitabilmente lo condizionano. E il contrario oggi forse diventerà favorevole domani.

Piccoli esempi: banali ma chiarificatori. Nel secolo scorso il fumo era possibile pressoché ovunque
e quando vennero introdotte via via restrizioni sempre più severe, ai fumatori parevano inaccettabili eppure oggi a chi verrebbe in mente di accendersi una sigaretta al cinema o su un aereo?
Quando saliamo sulla nostra automobile istintivamente e naturalmente allacciamo la cintura di sicurezza eppure 30 anni fa appariva una semplice costrizione da cercare di eludere.
Chi oggi penserebbe di partire in motocicletta con il semplice berretto con la visiera? Eppure tanti si opposero all’uso del casco.
Per passare da una nazione europea all’altra occorrevano lunghe code alla dogana, persino lo scartamento dei treni era stato realizzato differente.

Mi piace allora immaginare che un giorno passare da un paese all’altro, qualunque esso sia, non venga neppure in mente di dover esibire un documento. Passaporto? Ma cosa sarà mai? Quando si usava?
Morire a causa del proprio lavoro? Un giorno potrà essere un evento rarissimo al pari di un incidente aereo.
Dover attendere mesi per una visita oppure un esame medico? Si richiedeva il numero di carta di credito prima di ricoverare un paziente? Ma veramente succedeva?
Evadere le tasse. Ma davvero esisteva una moltitudine che rubava alla collettività?
Poter decidere sul proprio fine vita e se portare a termine una gravidanza. Una decisione gravissima e dolorosa che, accompagnata con tutto il sostegno sociale e istituzionale possibile, alla fine sarà sola del singolo interessato. Ma un tempo era proibito? Come alle persone di carnagione scura salire sui pullman destinati a quelli di carnagione chiara? Ma chi stabiliva la sfumatura di chiaro? E quella di nero?
Dover vedere la propria pacifica libertà di espressione limitata o addirittura repressa? Ma ciò non succedeva con certe streghe sui roghi?

Immaginare il futuro senza conflitti armati, senza depredare l’ambiente, senza inquinare terra cielo e mare, senza che ci sia un uomo che sfrutta il lavoro di un altro uomo, senza lobbies che rubino ai tanti, senza qualcuno che si senta straniero.
Immaginare il futuro significa accettare anche di sentirsi dare dei visionari. Significa anche soprattutto saper rinunciare a qualcosa. Immaginare il futuro significa decisioni. Oggi.
Tanto il futuro un giorno arriverà. È solo questione di tempo, ma arriverà. Per tutti. 
E chi avrà pensato solo al proprio tornaconto individuale, al proprio orticello, alla propria valle o alla propria etnia non avrà contribuito ad un futuro più giusto e pacifico dell’Umanità. Lo avrà solo allontanato.